La saggezza popolare vale per le galline ma non per le barche, verrebbe da dire guardando i tanti porticcioli e passeggiate lungo riva rovinati da un’infinità di vecchie “bagnarole” che nessuno si sogna più di usare, ma neppure nessuno si sogna di eliminare.

Recentemente Ucina Confindustria Nautica (l’Associazione senza fini di lucro, che rappresenta le industrie e le imprese della nautica da diporto, opera per lo sviluppo del settore nautico, promuove la cultura del mare e lo sviluppo del turismo nautico in Italia, ndr) ha organizzato un workshop del progetto europeo “Boat Digest” sul tema “Fine della vita delle imbarcazioni da diporto, smontaggio e riciclaggio: benefici sociali, ambientali ed economici”.
Antimo Di Martino, Responsabile progetto ambiente di Ucina e Piero Formenti, Vice Presidente della federazione europea EBI (European Boat Industry) e Consigliere dell’Associazione, hanno fatto il punto sulle varie esperienze europee relative allo smaltimento delle unità di diporto. In Francia, dal 2009 è stato creato il network Aper (www.aper.asso.fr) con uno schema di smantellamento volontario che connette l’utilizzatore finale agli impianti di trattamento dei rifiuti (900 le unità sotto i 10 m trattate finora, di cui 300 nel 2013); in Finlandia, fin dal 2005 è attiva la collaborazione fra la società di smaltimento di rifiuti Kuusakoski e l’associazione di categoria FinnBoat per lo sviluppo di attività di promozione; in Spagna si registra un crescente interesse da parte di alcuni operatori (smantellatori di veicoli) e di stakeholder (porti turistici, utilizzatori) per questa problematica; in Norvegia sono stati avviati numerosi progetti pilota senza però ancora sfociare in uno schema operativo; in Svezia sono in corso analisi e studi relativi alla fattibilità di applicazione di uno schema di smaltimento in loco, mentre in Italia è dal 2009 che è allo studio il progetto “Ucina ELB-End of Life Boats”.

Pietro Vassena

BoatMag. Se vogliamo vedere solo la Francia ha fornito dei numeri, mentre le altre nazioni stanno valutando la fattibilità del progetto. Una volta tanto l’Italia è in buona (o cattiva) compagnia, perché questi ritardi?
Vassena. Se si vuole parlare di numeri lo studio di fattibilità, sviluppato a corredo del progetto ELB, già nel 2010, ha sviluppato un’ipotesi abbastanza complessa, ma sufficientemente veritiera per quantificare la problematica in Italia. Parlo di ipotesi perché in Italia non esiste un registro informatizzato generale delle unità nautiche, tantomeno di quelle effettivamente naviganti (anche se dovremmo finalmente avere, a breve, il registro telematico, ndr). Ma i numeri servono a poco se non si ha la capacità di dotarsi di soluzioni infrastrutturali e risolutive. Il tema quindi si potrà svolgere solo quando si sarà sviluppato il sistema che, a nostro parere, non è quello che permetta lo smaltimento di un prodotto complesso, ma del recupero dei suoi materiali e dei suoi componenti. Ed è proprio per questa visione che posso asserire che l’Italia è davvero sola al mondo, e più avanti di tutte le altre.

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BoatMag. A parte il progetto europeo, come pensa si potrebbe operare in Italia per risolvere il problema? Una politica di incentivi o di tassazione avrebbe senso?

Vassena. Andiamo sul pratico: le coste, i porti e non solo, vanno ripuliti. Non possiamo pensare di incentivare o tassare qualcuno che ha abbandonato la barca e non è rintracciabile. Detto questo personalmente sarei favorevole a una sorta di “bollo” che decresca in base al tipo di uso e soprattutto alle emissioni o inquinamento della barca. A patto che i proventi vengano incassati direttamente dai Comuni, che lo emettono e lo gestiscono, e che gli stessi abbiano l’obbligo di reinvestirli per il dragaggio dei porti, la pulizia degli alvei e la qualità dell’acqua.

BoatMag. Perché le vecchie barche abbandonate, a parte rare eccezioni di valore storico, sono un danno per l’ambiente, oltre che un obbrobrio estetico?

Vassena. Sta proprio qui il primo passo culturale da fare. La barca, a meno che non sia incidentata e/o affondata, non dà problemi di inquinamento. Soprattutto quando non è tenuta in mare, la qual cosa, il più delle volte, capita per motivi di costo. Può magari dare problemi di “ingombro”, ma raramente causa problemi all’ambiente per la sua vecchiaia. Sicuramente non contribuisce all’immagine di un paese civile.

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BoatMag. Quali sono le ricadute da un punto di vista commerciale per un operatore del settore?

Vassena. Un posto barca non “sfruttatato” causa danni agli operatori, al turismo nautico, alle amministrazioni e a tutta la comunità. Facile quantificare una mancata vendita. Un po’ meno le ripercussioni sul territorio, grazie all’Osservatorio Nautico Nazionale sappiamo che “per imbarcazioni sino a 10 m “stanziali” con mediamente a bordo tre persone per circa 20 giorni all’anno che spendono quotidianamente circa 33,50 euro a testa … ogni posto barca sfruttabile crea un indotto di non meno di 2 mila euro”. A cui vanno aggiunte le spese di mantenimento (quelle degli operatori) e, sempre sul territorio, quelle relative “ai transiti”: soste, noleggi, ecc. Da sottolineare che i numeri sopra descritti hanno anche un importante rilevanza sulle amministrazioni, come per esempio canoni demaniali, imposte e Iva, il tutto quantificabile in milioni di euro.

BoatMag. Non si potrebbe avviare una campagna di bonifica, forzosa per quelle unità che non risultano avere dei proprietari e sono visibilmente abbandonate?

Vassena. Non riteniamo sia possibile, se non ci sono delle infrastrutture capaci e indispensabili per trattare il problema. E questo riguarda molti altri prodotti “complessi” della nostra società dei consumi: roulotte, caravan, serbatoi, pale eoliche… tutti hanno il medesimo problema. Il nostro ELB tratta, per primo, proprio della possibilità di trasformare un problema in opportunità. Il nostro è un progetto della Green Economy, “dell’economia circolare”.

BoatMag. Allo stato attuale che procedura deve seguire chi volesse eliminare una barca vecchia?

Vassena. La cosa sarebbe piuttosto complessa e anche particolarmente onerosa, per il proprietario soprattutto, ma anche per l’intera società, perché lo smaltimento comporterebbe un ulteriore costo ambientale. E ora più che mai non ce lo possiamo più permettere. Ecco perché urge una soluzione razionale e sostenibile al problema.

L’alto livello tecnologico di Opac ha portato l’azienda torinese a progettare un parabrezza totalmente in fibra di carbonio e personalizzabile a seconda delle dimensioni e forme delle singole barche.

L’interesse su questo nuovo parabrezza, quindi può essere da parte dei cantieri per la produzione in serie oppure dei singoli armatori che vogliano un prodotto su misura per la propria barca. Le geometrie per la realizzazione di questo parabrezza, infatti, sono state eseguite internamente dall’ufficio tecnico della Divisione Nautica di Opac, che quindi è in grado di ridefinire ogni volta le matematiche del prodotto, per dargli le forme e dimensioni richieste dai clienti. Anche la finitura può essere personalizzata: Opac propone il parabrezza in carbon look per enfatizzare la qualità del prodotto, ma per altre esigenze si può sempre optare per la copertura in materiale composito nel colore desiderato.

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La fibra di carbonio permette di avere un manufatto rigido, ma al tempo stesso leggero; un parabrezza in carbonio al 100%, dunque, ha la stessa robustezza di uno in composito, ma con un peso nettamente inferiore.

Per la lavorazione, Opac si avvale delle conoscenze acquisite nel ramo automotive della società, dove produce scocche in carbonio per auto di alto livello, e di mano d’opera sempre più specializzata nell’uso del carbonio, cosa che ha portato l’azienda ai vertici nel settore della lavorazione di questo materiale tecnologico.

Il primo studio del parabrezza è stato concepito sulle forme della coperta del Riva Iseo, barca per cui l’azienda realizza già la capote a movimentazione automatica.

OPAC parabrezza carbonio_2

Guarda il sito di Opac

Lo storico cantiere ligure Sciallino lancia una nuova linea di barche nel rispetto della sua lunga tradizione e annuncia la partnership con il progettista Luca Maschera.

Barche nuove, caratterizzate da linee armoniose, contemporanee, e da forte personalità: più leggere, sicure ed economiche, con ampi spazi, nel rispetto dell’ambiente e nel migliore stile italiano. Così Sciallino Yacht ha presentato i nuovi modelli Sc27 Ventisette, Sc30 Trenta e Sc36 Trentasei, annunciando contemporaneamente la partnership per la progettazione con Luca Maschera, progettista e fondatore del Cantiere Baumarine.

Sciallino Yacht guarda al futuro con criteri e logiche innovativi per offrire agli appassionati del mare le migliori garanzie di affidabilità ed economicità. Si tratta di un importante investimento, anche economico, perché si crede in una ripresa del mercato che premierà maggiormente la qualità. Sciallino Yacht ha scelto Luca Maschera perché con Baumarine (uno dei piccoli cantieri che ha continuato a vendere anche durante la crisi) ha dimostrato di saper interpretare ai massimi livelli la tradizione delle linee con moderne soluzioni tecniche, stilistiche e costruttive e poi perché ha scelto di interpretare lo stile Sciallino mantenendone tutte le caratteristiche tradizionali e di qualità nella progettazione e costruzione. Lo stile Sciallino è infatti da sempre sinonimo di sobrietà e gusto italiano con poca plastica e più legno, sicurezza in mare, grande sostanza e concretezza più che lusso e mode del momento, frutto della tradizione cantieristica italiana e ligure: una delle eccellenze del “made in Italy”.

I nuovi Sciallino Yacht

Le nuove barche sono più larghe rispetto agli scafi del passato. Oltre alla maggiore stabilità in navigazione e in rada, aumentano anche gli spazi interni, con cabine più spaziose e letti più grandi. La portata dei passeggeri nel nuovo modello Sc30 passa a 10 (8 nel vecchio Sciallino) con disponibilità di 5 posti letto; nel nuovo Sc36 sale a 12 persone (10 nel vecchio “34” Sciallino) con disponibilità fino a 6 posti letto. Per un maggiore comfort, tutti i modelli sono dotati di cucina, bagno con box doccia separato e serbatoi d’acqua più grandi e, nonostante questo, sono più leggere che in passato: il nuovo Sc30 pesa a pieno carico 6,5 tonnellate contro le 7,5 tonnellate del vecchio 30 Sciallino; il nuovo Sc36 pesa 8,5 tonnellate a pieno carico contro le 10 del vecchio 34 Sciallino.

Sciallino Sc27
Sciallino Sc27

I motori sono dotati di trasmissioni a linea d’asse che garantiscono efficienza, qualità nel tempo, maggiore sicurezza e minore manutenzione: una scelta non comune su imbarcazioni di queste dimensioni. Inoltre, al posto della vecchia baderna, oggi Sciallino Yacht ha deciso di utilizzare il sistema PSS, con flangia di tenuta in carbonio. Il minor peso permette motorizzazioni più piccole, che influiscono positivamente sui consumi ed è disponibile un’ampia gamma di motorizzazioni turbodiesel.

Sciallino Sc30
Sciallino Sc30

Per la costruzione sarà sempre impiegato molto legno per gli interni e gli esterni, ampliandone però la gamma: oltre al tradizionale mogano, sono proposti anche rovere, acero, ciliegio, noce e teak. Per la carena gli storici pattini sporgenti stondati sono stati integrati allo scafo per una maggiore portanza volumetrica, così la carena diventa semiplanante ad alta efficienza, con conseguente aumento di velocità massima e minore consumo a parità di prestazioni. Oltre al Sc27 e al Sc30, anche l’Sc36 è classificato natante, quindi non soggetto all’obbligo d’iscrizione nei registri delle imbarcazioni da diporto.

Sciallino Sc36
Sciallino Sc36

Completano la dotazione: 4 grandi oblò ovali alle murate per maggiore luminosità; 3 osteriggi anche sul tetto per una maggiore luminosità e aerazione; elica di prua;nuovo posto guida più ergonomico e spazioso; una più ampia scelta di tessuti e coordinati e l’elettronica Raymarine touch.

visitate il sito sciallino.it

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