Ecco i primi disegni del 150 Sunreef Power Trimaran, l’avveniristico trimarano di 47 metri che ribadisce la volontà del cantiere polacco di essere sempre all’avanguardia nell’ambito dei multiscafi da crociera.

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Perché porsi dei limiti? Dopo aver sorpreso tutti con il trimarano a motore di oltre 60 metri, Sunreef scende di misura ma non di ambizioni con questo 47 metri (per 19 m di larghezza) che ha tutte le carte in regola per trasformarsi in un’incredibile realtà. Quindi è meglio non archiviare con un sorrisetto i disegni del concept del 150 Sunreef Power Trimaran, ma osservarli con grande attenzione, pensando a che effetto potrebbe fare fra qualche anno trovarselo di fianco in banchina.

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Di certo con questo progetto Sunreef Yachts confermerebbe il suo ruolo di leader nell’ambito dei multiscafi da crociera sia a vela sia a motore, anche se il 150 Sunreef Power Trimaran lo vediamo soprattutto proiettato verso soluzioni di charter molto esclusive.
A questo proposito le molteplici possibilità di allestimento che il grande ponte principale, che si allunga sui due scarponi laterali, lascia al progettista, ben si potranno adattare alle singole esigenze del suo futuro armatore, sia questo un facoltoso privato o una società di charter. Infatti, nei 370 mq offerti su due ponti, c’è di che sbizzarrire la fantasia: il primo il layout proposto offre spazio sufficiente per ospitare 8-10 persone in quattro cabine di 20 mq l’una con vista panoramica, a cui si aggiunge un salone di 100 mq dotato di zona pranzo separata dalle aree relax. La suite armatoriale di 45 mq si trova nella sezione di prua e offre un doppio bagno, un salottino riservato e una terrazza esclusiva di 18 mq. La zona dell’equipaggio, che può ospitare fino a nove persone, è sul ponte inferiore dove è allestita anche la grande cucina.

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Alessandro Conti, direttore generale di Brunswick Marine in Italia distributore di Mercury, ci spiega perché i consumi nella nautica da diporto veloce sono calcolati in maniera errata, a contare sono le miglia percorse.

La domanda che si pone Alessandro Conti di Mercury è semplice: perché tutto il mondo automotive (che di consumi ha cominciato a occuparsi molto prima di quello nautico) li calcola in km/litro (o se preferite in litri/100 km) mentre nella nautica si calcolano in litri/ora. Con questo metro di giudizio a 5 mila giri probabilmente una Ferrari consuma sì più di una 500 ma vola anche a più di 200 km/h contro i circa 120 km/h dell’utilitaria, quindi percorre quasi il doppio della strada.
Ma lo stesso non è forse valido anche per le barche plananti? Perché allora si continuano a indicare i consumi in litri/ora? Consuetudine, poca attenzione al problema, semplicemente scarsa competenza? Le motivazioni possono essere tante e proviamo a verificarle con Alessandro Conti, direttore generale di Brunswick Marine in Italia, distributore dei motori Mercury, a lui il merito di avere per primo introdotto il concetto di “autonomia”.

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Chi è Alessandro Conti

Alessandro Conti, direttore generale di Brunswick Marine in Italia, 52 anni, sposato con tre figli e una laurea in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Milano, ha maturato la sua competenza lavorativa principalmente all’interno di multinazionali del settore automotive, soprattutto nello sviluppo del business internazionale, prima presso la Webasto AG, poi come responsabile in Italia della JV Cummins MerCruiser Diesel, quindi direttore Vendite di Mercury Italia prima di ricoprire l’attuale carica.

1. Pensavo che i consumi in mare si misurassero solo in litri/ora

Pensare di rappresentare il consumo di un motore parlando di litri/ora è un grave errore. È invece più corretto parlare di autonomia, cioè di quante miglia faccio con un litro di combustibile a una data velocità: una considerazione tanto semplice quanto disattesa. Forse la consuetudine del mondo nautico di restare legato ai litri/ora è un retaggio della nautica mercantile, dove le grandi navi navigano in dislocamento a velocità costanti molto simili e quindi questo metro di misura può essere valido.
Invece, quando si parla di barche plananti l’affinità con il mondo automotive è facilmente intuibile. Per spiegare questo argomento presento sempre il caso di tre motori che hanno un consumo al massimo numero di giri rispettivamente di 97 l/h, 106 l/h e 106 l/h e chiedo “con quale motore andrò più lontano a parità di litri consumati?”. Le risposte sono praticamente sempre le stesse, indicando il motore da 97 l/h e dicendomi che ho fatto un errore di battitura perché due motori sono identici.
Dati alla mano dimostro però che l’autonomia (espressa in miglia/l) peggiore è proprio quella del motore da 97 l/h e che con uno dei due da 106 l/h si è ottenuta un’autonomia del 10% ancora maggiore usando un’elica specifica.
In altre parole, un motore che ha un consumo orario maggiore nel momento in cui sviluppa più velocità, può portare a un’autonomia maggiore. In questo senso posso garantire che i fatti molte volte smentiscono le opinioni più diffuse, o il cosiddetto “immaginario collettivo”.

2. Pensavo che con la velocità i consumi aumentassero

Se si leggono le prove coi dati rilevati in litri/ora, questa sembra l’unica conclusione ovvia. In realtà elaborando i dati per arrivare a un grafico autonomia/velocità, si vede che l’andamento non è questo, ma è abbastanza sinuoso passando dalla fase di dislocamento a quella di planata. All’interno di quest’ultima si riconosce sempre una zona, non molto ampia, dove l’autonomia cresce all’aumentare della velocità per arrivare a un massimo (velocità di crociera) per poi decrescere gradatamente fino alla velocità massima. Non dimentichiamoci comunque che lavorando bene con il trim si può migliorare l’autonomia lungo tutto il range di velocità.

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3. Pensavo che navigando in dislocamento avrei avuto più autonomia

Non è proprio così: partendo da fermi si ha ovviamente un aumento dell’autonomia all’aumentare della velocità. Oltre un certo punto, e quanto più ci si avvicina alla fase di planata, l’autonomia crolla rapidamente per poi altrettanto rapidamente risalire dal momento in cui inizia la planata. Navigare a velocità prossime all’entrata in planata è quanto di peggio si possa fare, sia per l’autonomia sia per la vita degli organi di trasmissione.

4. Pensavo che un’elica corta aiutasse a consumare meno

Non esiste un’elica per tutte le stagioni. Il passo dell’elica è un po’ come il rapporto del cambio dell’auto: non esiste una marcia adatta a tutte le velocità. Chiarito che l’elica va scelta in modo da raggiungere e non superare il massimo numero di giri del motore, esistono poi soluzioni che garantiscono uno o due nodi in più o altre che migliorano l’autonomia a velocità di crociera.
La scelta dell’elica non è mai da sottovalutare: i nostri colleghi negli Stati Uniti dicono come sia loro consuetudine avere due, tre, quattro tipi di eliche diverse a seconda di quello che vogliono fare in navigazione. Non dimentichiamoci che con la giusta elica si può addirittura migliorare l’assetto e la stabilità della barca. Ma questo è un enorme capitolo che andrebbe sviluppato a parte.

5. Pensavo che consumare meno fosse soprattutto una questione di “manetta”

In realtà i fattori sono molti di più rispetto alla canonica “manetta”. Qui di seguito li elenco in modo schematico:
* Motore
* Elica
* Trim
* Tipo di carena
* Stato di pulizia della carena
* Distribuzione dei pesi, cioè più peso a prua, più superficie bagnata, più consumo.

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6. Pensavo che un motore turbodiesel consumasse sempre meno di uno a benzina

Non è sempre vero e in ogni caso nelle economie di esercizio pesa il minore costo del gasolio rispetto alla benzina.
Ma introdurrei un’ulteriore variabile in questo eterno dualismo tra benzina e diesel: le ore di reale utilizzo di un motore (o di una coppia di motori) durante la stagione. La nostra esperienza ci dice che mediamente siamo sulle 50 ore/anno per i fuoribordo e un’ottantina per gli entrobordo. Su questi livelli di utilizzo non si riuscirà mai ad ammortizzare il maggiore investimento che una motorizzazione turbodiesel richiede, a cui si aggiungono pure i maggiori oneri per la sua manutenzione.

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