Un sei metri che più americano non si può, ma che punta ugualmente (a ragione) ai nostri mari. Per il Sea Ray 19 SPX motorizzazioni entrobordo o fuoribordo.

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Bella l’idea delle barche in circolo, perché è proprio sulle diverse possibilità di allestimento che il Sea Ray 19 SPX si gioca una delle sue carte migliori, grazie a numerosi pack di personalizzazione è infatti possibile adattarlo perfettamente alle esigenze del futuro proprietario.
Immaginiamo già la prima osservazione: i bowrider da noi non hanno mai convinto. È vero, ma è altrettanto vero che il motivo per cui non hanno mai conosciuto un successo commerciale è del tutto inspiegabile. Barche aperte per eccellenza, troverebbero infatti nei climi mediterranei (ma anche sui nostri laghi) il loro habitat naturale.

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Bene fa quindi il costruttore del gruppo Brunswich a insistere su questa formula con il Sea Ray 19 SPX che ha tutte le carte in regola per piacere. Sia nella versione fuoribordo sia in quella entrobordo il layout della coperta non cambia, l’unica differenza è la spaziosa plancetta poppiera che con il motore esterno si divide in due elementi laterali comunque ben dimensionati. In compenso il prendisole poppiero offre un gavone molto spazioso nel volume altrimenti occupato dall’entrobordo.
Comodo l’accesso al pozzetto con un ampio passaggio a sinistra, per trovare un divanetto frontale raddoppiato da un secondo elemento addossato alla murata sinistra; sedile e plancia del driver sono invece a dritta. Classico il parabrezza in tre elementi con quello centrale apribile per accedere alla dinette prodiera, comoda nei momenti di relax, ma utilizzabile anche in navigazione.
Un’ultima annotazione sulla carena, pensata per privilegiare le veloci cavalcate, ma all’occorrenza pronta ad affrontare anche un mare un po’ impegnativo grazie a un deadrise di 19°, la tradizione del cantiere statunitense in questo senso è una garanzia.

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Queste le caratteristiche del Sea Ray 19 SPX: lunghezza ft 5,94 m, larghezza 2,54 m (quindi è carrellabile), immersione 86 cm, peso a secco 1.237 kg, serbatoio carburante 113 l, portata 11 persone.

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Alla vigilia dell’elezione del nuovo presidente di Ucina Confindustria Nautica, prevista per venerdì, dieci aziende, fra cui Ferretti Group che aveva un esponente candidato alla presidenza, escono dall’associazione e sono: Apreamare, Arcadia Yachts, Azimut-Benetti, Baia, CRN, Ferretti Group, Maltese, Marina di Varazze, Mase Generators, Salpa.

Poco dopo la diffusione della nota, Lamberto Tacoli, manager di Ferretti, ha ritirato la sua candidatura a Presidente.

L'immagine che ne esce è di un'industria nautica sempre più disgregata, che agisce d'impulso in modo quasi autolesionista, che non si capisce bene se è voluto o involontario, lo può sapere solo chi vive in modo diretto le dinamiche interne. Fatto sta che prima i Saggi registrano quattro candidature alla presidenza, poi tutti si ritirano; successivamente ne arrivano altre due, ma solo una arriva (passatemi il termine) "strascicando" al momento dell'elezione. Risultato: il presidente viene eletto, perché è l'unico candidato rimasto! Ma a questa stregua, in una comunità dove basta che alcuni siano contrariati (a torto o a ragione, non è questo il punto) che subito si stravolge il già precario equilibrio dell'associazione, dove le prese di posizione dei singoli sembrano non voler tenere conto delle ripercussioni che poi portano all'intero comparto, il presidente che sarà eletto domani, quanto potrà durare? E con quale autorevolezza, l'industria nautica si presenta negli ambienti legislativi?

L’Ucina dal canto suo risponde coesa alle dimissioni, facendo sapere in un comunicato che “prende atto con estremo dispiacere della decisione odierna di alcune imprese di uscire dall’Associazione: il gesto, che vorrebbe essere clamoroso, sorprende nelle motivazioni. In questo momento in cui in tutta Italia e nel mondo le aziende fanno sistema, questo è un gesto di particolare gravità”.

L’uscita dei gruppi Azimut-Benetti e Ferretti può non sorprendere e forse era già nell’aria da inizio febbraio quando diffusero un comunicato congiunto, in cui, insieme a Gavio (proprietario del marchio Baglietto) già uscito da tempo dall’Ucina, indicavano le loro possibili soluzioni per ridare forza e compattezza all’Ucina (leggi qui). Una presa di posizione probabilmente non raccolta dall’associazione, al punto che le aziende in questione non si sono sentite più rappresentate.

Ma, stando a quanto si legge nel comunicato di Ucina, l’elemento scatenante è stata la preferenza dei soci a favore dell’assegnazione della carica di presidente a Carla Demaria (Gruppo Beneteau) anziché a Lamberto Tacoli (Gruppo Ferretti).

Ecco cosa scrive Ucina: “La scelta è stata azionata nel momento in cui le imprese recedute si sono rese conto che il loro candidato non avrebbe raccolto i consensi necessari: ma questo comportamento non pare certo attento e rispettoso delle regole di condivisione e democrazia proprie di un’Associazione.
Giova ricordare che il Consiglio Direttivo di UCINA aveva raccolto tramite i Saggi le manifestazioni di voto dei Soci che si erano espressi per il 70%  a favore di Carla Demaria e per il 15% a favore di Lamberto Tacoli. Pur in presenza di un riscontro molto chiaro delle espressioni di preferenza, aveva deliberato comunque di presentare le due candidature all’Assemblea dei Soci convocandola per venerdì 27 marzo 2015 e dando ampia facoltà ai candidati di esporre i rispettivi Programmi”.

Ucina risponde anche in merito alle perplessità sul fatto che Carla Demaria sia esponente di un’azienda francese, anche se ha un sito produttivo in Italia: “Non si ritiene rilevante l’osservazione secondo cui il candidato Carla Demaria sia manager di un importante gruppo straniero, essendo già presente in Consiglio come Presidente e socia di un Cantiere di diritto italiano che produce in Italia imbarcazioni di disegno italiano, con una struttura di oltre 300 dipendenti e un fatturato che la colloca entro i cinque maggiori produttori nazionali”.

Ucina raccoglie 340 aziende con un totale di oltre 8 mila dipendenti e fa sapere che questa situazione non pregiudicherà l’organizzazione del prossimo Salone Nautico di Genova.

Ottanta milioni di aumento di capitale più 50 milioni deliberati per lo sviluppo prodotti nell’arco dei prossimi tre anni. Tutti già versati dal socio di maggioranza, il gruppo cinese Weichai. L’ascesa di Ferretti Group verso il break even, previsto entro il 2017, riparte da qui.

L’occasione per fare il punto della situazione è la presentazione del nuovo ufficio operativo che Ferretti Group ha aperto a Milano in piazza Diaz 6. Un ufficio che sarà un punto d’incontro più comodo e prestigioso per i clienti, vista la posizione strategica nella città in cui ruota tutto il mondo del business e della finanza italiana.

Ferretti Group office

Il 2015 segna dunque una potente azione di risanamento del Gruppo Ferretti, già avviata lo scorso autunno con l’introduzione del nuovo amministratore delegato, l’avvocato Alberto Galassi, che ha ribaltato la struttura del Gruppo italiano (di cinese al momento c’è solo la proprietà azionaria) e ha gestito le strategie che a fine 2014 hanno ridotto il debito bancario ai minimi storici, cioè 34 milioni di euro, e dimezzato le perdite, che si sono attestate a 46 milioni.

Alberto Galassi

Ora, l’obiettivo del prossimo triennio è di raggiungere il break-even portando il volume delle vendite a 542 milioni di euro a fine 2017 (per il 2015 e 2016 le vendite sono state stimate rispettivamente in 373 milioni e 392 milioni di euro nel 2016).

Ma dove investirà i 50 miloni il Gruppo Ferretti per raggiungere il target? Ceduto il marchio Bertram al Gruppo Gavio (già proprietario di Baglietto), l’azione di Ferretti Group sarà concentrata nel lancio di 27 nuovi modelli, di cui 11 Riva (3 nel 2015 – 5 nel 2016 – 3 nel 2017), 6 Ferretti Yachts (2 nuovi modelli all’anno) e 4 Custom Line (1 nel 2015 – 1 nel 2016 – 2 nel 2017).

Da questa scansione si intuisce che nel 2017 Riva avrà rinnovato la quasi totalità della sua gamma, a cui è appena stata agganciata la Riva Superyachtdivision, che opererà nel segmento delle navi da diporto da 50 metri in su e che ha già registrato il primo ordine del modello d’esordio, appunto, il 50 metri in acciaio e alluminio (leggi qui). Tutti i Riva, inoltre, saranno disegnati dall’Officina Italiana Design, come di consueto del resto, ma la novità sta nel fatto che la società di Mauro Micheli e Sergio Beretta ha firmato un accordo di esclusiva con il Gruppo Ferretti.

Un’altra novità nella sfera dei designer è la firma di Francesco Paszkowski per tutti i prossimi Custom Line plananti, mentre Gianni Zuccon proseguirà, come da tradizione, a progettare la serie dislocante oltre ai Ferertti Yachts.

Nella conferenza stampa è emerso anche che il Gruppo Ferretti non parteciperà al prossimo Salone di Genova e al momento in cui sto scrivendo è arrivata una nota stampa dell'Ucina in cui comunica la volontà del Gruppo, insieme ad altre aziende, di uscire dall'associazione.

Alcuni dei modelli che saranno lanciati alle fiere d'autunno 2015

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Custom Line Navetta 37                                                            Custom Line 108
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Riva 88 Florida 4             Riva 50 m_ext 1
Riva Florida 88                                                                            Riva 50 metri (inizio costruzione 2015)
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Ferretti Yachts 550
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