Esclusiva imbarcazione da diporto o tender di lusso? Nasce IC Yacht Anima, il nuovo modello realizzato dal cantiere lombardo.

IC Yacht Anima, sette metri e mezzo di eccellenza che riprende il family feeling dell’Aquilia, opera prima del cantiere lombardo, è proposto in versione Open e Walkaround, ma nulla toglie a ogni armatore di scegliere un layout del pozzetto personalizzato in base alle proprie esigenze di utilizzo, come barca esclusiva o come tender.

IC Yacht Anima Open (nell'immagine di apertura) prevede un prendisole che da poppa si estende fino a metà pozzetto, dove va a integrarsi con un divano a C disposto per baglio. Al driver è invece riservata una seduta singola davanti a un cruscotto di impostazione automobilistica.

IC-Yacht-Anuma-Walkaround

Anche la versione IC Yacht Anima Walkaround dispone di un prendisole poppiero, ma dimezzato rispetto all’Open, per lasciare spazio alla postazione di comando nel centro del pozzetto. La consolle si sviluppa su una colonna centrale servita da due poltroncine, soluzione che permette di ottenere due larghi passavanti per accedere a prua, che è allestita con un divano perimetrale.

Una barca di gran classe, molto versatile e soprattutto estremamente personalizzabile, caratteristiche che la rendono non solo un bellissimo open per il diporto giornaliero, ma anche un tender di lusso per superyacht.
A tanto glamour corrisponde una tecnologia costruttiva di alto livello che vede la struttura realizzata completamente in carbonio e laminata con la tecnica dell’infusione sottovuoto, per ottenere una barca molto robusta e più leggera, a vantaggio di performance e consumi.
Molto ampia è anche la scelta di opzioni per il motore, che va da un Mercruiser da 230 o 260 cv oppure un Volvo Penta da 220, 260 o 300 cv, tutti turbodiesel entrofuoribordo. IC Yacht Anima ha una lunghezza ft di 7,52 m, larghezza 2,40 m, immersione 0,40 m per un dislocamento a mezzo carico 1,9 t. Il serbatoio carburante è di 250 l, quello dell’acqua di 30 l.

Con il nuovo IC Yacht Anima, il cantiere conferma la sua filosofia produttiva, che persegue la creazione di prodotti d’eccellenza, tecnologicamente avanzati e curati minuziosamente nei dettagli con finiture artigianali, tutte caratteristiche che corrispondono alla migliore espressione del “Made in Italy” tanto apprezzato nel mondo. Il lancio ufficiale è previsto in occasione delle grandi fiere internazionali d’autunno.

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 La decisione di Massimo Perotti, eletto soltanto otto mesi fa con un incarico destinato a durare fino al 2018, è stata annunciata oggi in Consiglio Direttivo Ucina ed è irrevocabile.

Ora toccherà alla Commissione Saggi l’avvio delle consultazioni per individuare nuovi candidati da presentare alla prossima assemblea elettiva prevista in aprile, cioè entro i novanta giorni dettati dallo Statuto entro cui il Consiglio Direttivo deve eleggere un nuovo presidente. Nel frattempo l’incarico di reggente passa al vicepresidente più anziano, che è Lamberto Tacoli (nella foto sotto), esponente del Gruppo Ferretti.

Lamberto Tacoli

Non si sa il reale motivo di queste dimissioni, alcuni parlano di tensioni - poi smentite dallo stesso Perotti - con il presidente precedente Anton Francesco Alberto, ora a capo de I Saloni Nautici (la società che, sempre sotto l’egida di Ucina, è incaricata dell’organizzazione del Salone di Genova).

Certo è che l’Ucina, già da prima dell’insediamento di Perotti, sta vivendo uno sgretolamento al proprio interno, una situazione che, volendo vedere, può anche essere intesa come un’evoluzione naturale visto che sotto un unico cappello ci sono grandi industrie nautiche e piccoli produttori con interessi palesemente diversi il cui gap, in una situazione di profonda crisi del settore, diventa ancora più ampio e dunque di difficile sopportazione da entrambe le parti. Non a caso, se osserviamo ciò che dichiara la stessa Ucina, ovvero che in questi mesi l’industria nautica italiana si è dimostrata ancora una volta leader nel mondo conquistando il primato degli order book, possiamo notare che la grande industria dei marchi blasonati vive bene vendendo all’estero, mentre i piccoli produttori sono costretti ad arrancare in Italia e non hanno il peso necessario per potersi affermare nel vasto mercato internazionale.

Poi, indubbiamente ad alimentare le fiamme saranno anche stati vecchi attriti, divergenze di idee, sgambetti e quant’altro, che hanno portato Perotti a rilevare un’indisponibilità a un confronto per l’attuazione del programma, come afferma lo stesso ormai ex presidente nella sua dichiarazione ufficiale: “Ho scelto con dolore le dimissioni, perché lo ritengo un passo necessario per il futuro di Ucina, che auspico potrà essere più forte, unitaria e concentrata sul bene comune. È un momento di crisi in cui bisogna saper reagire con rapidità: la strada che ho cercato di intraprendere in questi mesi andava in questa direzione, ma ho maturato il convincimento che sia mancato in Ucina quel confronto proattivo e positivo necessario per poter dare attuazione al mio Programma. Assicuro la mia disponibilità a collaborare da oggi con il Consiglio Direttivo e la Commissione Saggi per l’individuazione di una figura che possa proseguire, con decisione e consenso, un progetto finalizzato ad una rinnovata convergenza di interessi in Associazione”.
Fin dalle sue prime battute da presidente, Massimo Perotti ha sempre fatto appello alla massima coesione del gruppo, rivolgendosi anche ai cosiddetti “dissidenti” che, sebbene in misure diverse, hanno preso le distanze dall’Ucina. E lo stesso messaggio lo ha rilanciato nel suo momento conclusivo, incoraggiato dal buon posizionamento dell’industria nautica italiana nel mondo: “Per restare in questa posizione Ucina ha bisogno di mantenere unità di intenti e un percorso comune a tutti i Soci che sappia essere un messaggio forte e unitario sia nei confronti del nostro mercato nazionale, che ha bisogno di essere ricostruito, sia di quello internazionale dove non possiamo perdere la posizione che la nautica italiana ha saputo conquistarsi”.

Ora, per chi osserva dall’esterno, l’impossibilità di riuscire a far remare tutti dalla stessa parte può essere interpretato come un fallimento di Perotti, e indubbiamente avrà le sue colpe, ma la responsabilità maggiore forse l’ha chi non ha voluto sincronizzarsi nella “remata”, forse non consapevole che se la nautica italiana è in mezzo a una burrasca, solo un gruppo unito potrà avere speranza di portarla verso il sereno. E la dimostrazione l’abbiamo proprio ora, quando in un momento così delicato in cui ci sono tanti tavoli aperti in sede legislativa per agevolare l’utilizzo della barca, la mancanza del referente principale del mondo nautico e le spaccature interne certamente non gioveranno, o quanto meno non accelereranno, il dialogo con ministri e parlamentari.

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