Negli ultimi anni si spende molto il termine Catch & Release. Ma cos’è esattamente e perché lo si pratica. Vediamo di spiegarlo.

Catch & Release, è palesemente una locuzione inglese che, tradotta letteralmente, significa “cattura e rilascia”. È il sistema più pratico e corretto per pescare, divertirsi e rilasciare il pesce vivo e vegeto nel suo ambiente. “No Kill”, come direbbero sempre gli anglosassoni. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare in altre occasioni, pescare è una disciplina atavica, praticata da sempre per fini di sopravvivenza, come la caccia. Oggi però che la necessità di pescare per sopravvivere non è più tale e si pesca per divertimento, sarebbe opportuno rivedere un po’ le proprie abitudini. Pescare sì, assolutamente, ma con un occhio all’ambiente e pertanto oltre alla quantità di pescato per soddisfare il proprio fabbisogno, sarebbe opportuno rilasciare al suo ambiente tutto l’eccesso.

Catch & Release per continuare a pescare

Ciò non significa che catturato il necessario uno debba smettere di pescare e rientrare, significa che da quel momento in poi si può tranquillamente rilasciare ciò che è finito all’amo. Si tratta di una pratica obbligatoria in alcuni casi e periodi (per esempio il periodo della chiusura della pesca al tonno, oppure per pesci sotto misura o di raggiungimento del limite catturabile giornaliero), in altri casi invece è una scelta sportiva e personale, mirata alla salvaguardia della fauna ittica.

La prima cosa da sottolineare è il fatto che rilasciare significhi ridare al mare un pesce vivo. Quindi vanno adottati alcuni accorgimenti che consentano di mantenere tale questo stato. Un’accortezza, per esempio, riguarda l’uso di ami che consentano di essere tolti dalle fauci o labbra delle prede senza dilaniarle, meglio ancora se non possono essere ingoiati dalle prede stesse. Mai quindi usare ancorette e, quando è possibile, sarebbe anche meglio usare gli ami senza ardiglione. È vero che, se si usa un’esca viva, l’amo senza ardiglione è meno efficace anche con le esche stesse, ma in taluni casi se ne può tranquillamente ipotizzare l’impiego.

Guarda alcune delle prede più comuni nei nostri mari

Errato è pure prolungare enormemente il tempo di combattimento, che crea scompensi al pesce e che potrebbe portare, seppur rilasciato vivo, a una sua successiva morte.
Altra accortezza è quella di non portare a bordo il pescato da rilasciare, farsi un bel po’ di foto con tutto l’equipaggio, poi cominciare a slamare e infine ributtarlo in acqua. Tutto questo tempo potrebbe essere fatale per il pesce che, a quel punto, verrebbe si rigettato nel suo ambiente, ma come sua tomba. Ed a quel punto che cosa è servito il rilascio? Tutta la sportività racchiusa nel nobile gesto del rilascio sarebbe inutile.

Altra particolare che non tutti conoscono è che quando noi tocchiamo un pesce con le mani, per esempio per slamarlo, la nostra temperatura corporea crea delle ustioni alla pelle del pesce. Pertanto sarebbe opportuno usare dei guanti a nostra protezione, ma delle prede.
Una buona pratica sarebbe quella di aiutare il pesce, post cattura e pre rilascio, a riossigenarsi debitamente prima di liberarlo. Una tecnica molto usata nella pesca dalla barca per esempio è quella di mantenere il pesce in acqua prima della slamatura, avviare il motore e lentamente trascinare il pesce a fianco della barca, creandogli un’ossigenazione forzata. Solo a quel punto si slama e si libera.
Ecco, abbiamo fornito alcuni piccoli consigli. Se li attuate nel modo corretto, sicuramente la vostra passione per la pesca sarà vivibile anche dai vostri figli…

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