Quando si parla di fili da pesca c’è il rischio di generalizzare troppo. Quali sono i tipi più gettonati e le differenze? È subito spiegato.

È uno degli elementi più importanti in qualsiasi fase di pesca. Non il solo ovviamente, ma uno dei più importanti. Da lui, infatti, dipende spesso il portare o meno a termine una cattura. È il filo da pesca, quello che con tanta cura imbobiniamo nel mulinello e che scegliamo in diametri e colori differenti a seconda delle prede che desideriamo insidiare.

Ma quali sono i tipi di fili principalmente usati e quali sono le loro caratteristiche salienti? Diciamo che tra i più conosciuti ci sono il classico filo di nylon, il fluorocarbon ed il trecciato.

Filo da pesca in nylon, il polivalente ed elastico

Per quanto riguarda il nylon è considerato un filo “polivalente” in quanto si adatta abbastanza bene a tutti gli impieghi, ed è storicamente il più “anziano” oltre che il più usato da chi si avvicina alla pesca.

Il filo da pesca in nylon è dotato di un buon grado di elasticità che a sua volta, durante uno strike, è in grado di “far sentire la preda”, garantendo un certo tipo di divertimento al pescatore. Ne esistono in commercio di diverse misure e colorazioni (tra cui anche colorazioni fluorescenti che migliorano l’avvistamento del filo in pesca) con conseguente facilità di seguire meglio anche l’andamento del pesce allamato.

Filo da pesca in fluorocarbon, l'invisibile

Il fluorocarbon è invece un tipo di filo che ha caratteristiche d’invisibilità totale. Ha origini in Giappone e viene quasi sempre usato per la creazione di terminali in quanto in pesca non è visibile ai pesci e pertanto favorisce il loro avvicinamento alle esche naturali o artificiali che siano.

Ha inoltre buona resistenza alle abrasioni e all’usura in genere. Il filo da pesca fluorocarbon può dare qualche problema però con i nodi, quindi occorre maggiore attenzione nella preparazione dei terminali.

Filo da pesca trecciato, il resistente

Infine il trecciato che, come lascia chiaramente intendere il nome, è composto da una treccia di fili il cui numero può variare da tipo a tipo. Maggiore sarà il numero di fili che lo compongono e maggiore sarà la sua resistenza. Ed è per questo che quando si usa un filo da pesca trecciato si può impiegare un filo anche di diametro inferiore rispetto a quello che sarebbe stato usato con un filo di altra tipologia.

La sua durata è maggiore rispetto al nylon e difficilmente tende ad attorcigliarsi (fare parrucche in gergo). La sua quasi totale assenza di elasticità però lo rende difficile da unire con i nodi ad altri fili o accessori e richiede una corretta gestione della preda per evitare di perderla.

Attenzione al carico di rottura del filo da pesca.
Anche il colore fa la differenza

Un elemento che accomuna tutti i fili è poi il carico di rottura. È espresso in chilogrammi ed è regolarmente indicato sulle varie bobine insieme ai valori di diametro e metratura di filo in bobina. Per evitare problematiche, il carico è stabilito da un’organizzazione esterna a livello internazionale.

È bene sapere che i fili colorati sono meno resistenti al carico rispetto a quelli trasparenti naturali, e questo a causa dei pigmenti usati per la colorazione.

Per tutti i fili esistono poi delle cosiddette regole di base al fine di mantenerne inalterate le caratteristiche. In particolare occorre evitare che il filo si deteriori a seguito di sfregamenti con rocce e fondali in genere. Qualora si notasse un deterioramento diventa importante tagliare ed eliminare la parte di filo che non è in perfette condizioni. Se si riempiono di alghe o fango vanno puliti accuratamente prima di riavvolgerli.

Inoltre i fili andrebbero come regola sostituiti almeno una volta l’anno, in particolare se lavorano molto e stanno molto a contatto con salsedine, sole e umidità in genere. Ricordate, un filo sfibrato o rovinato può essere la causa di una perdita importante nel momento meno desiderato.

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