Finalmente eccolo il primo superyacht Pershing 140 in alluminio che è sceso in mare presso la Super Yacht Yard di Ancona lo scorso febbraio.

Non ci poteva essere palcoscenico migliore dell’innovativa Super Yacht Yard di Ancona per il varo della prima unità del Pershing 140, nuova ammiraglia del brand e primo superyacht Pershing in alluminio. Frutto della collaborazione fra l’architetto Fulvio De Simoni, il Comitato Strategico di Prodotto Ferretti Group, guidato dall’ingegner Piero Ferrari, e il Dipartimento Engineering del Gruppo il nuovo 140 piedi (lunghezza fuori tutto 43,30 m), è il primo Pershing realizzato nella Superyacht Yard di Ancona, stabilimento di Ferretti Group specializzato nella costruzione di megayacht in acciaio e alluminio di oltre 40 metri.

Scopri qui anche il nuovo Pershing 8X

Pershing 140, destinazione Hong Kong

Il nuovo Pershing 140 si caratterizza per un layout originale della zona poppiera, dato dall’innalzamento del pozzetto che diventa in questo modo un piano mezzanino: si crea così una vasta area aperta sul mare che sale dall’acqua fino al ponte sole, mettendo in comunicazione tutta la poppa. Anche la prua offre ampi spazi di relax, mentre il ponte superiore, integrato al profilo generale, è un grande terrazzo panoramico arredabile “freestanding”. Il ponte principale ospita un salotto con zona bar e pranzo che precedono un’ampia area privata, mentre sottocoperta quattro suite, di cui due vip con letto matrimoniale e due a letti singoli, offrono privacy e comfort.

Il Pershing 140 partirà per Hong Kong, la sua destinazione finale, e sarà ufficialmente presentato al pubblico nel corso dei prossimi mesi.

Pershing 140, la nuova ammiraglia che cambia faccia

Pubblicato 5 novembre 2015

E si sa quanto la cantieristica italiana dei superyacht sia protagonista assoluta nel mondo. Non dovrebbe stupire dunque l’innalzamento della gamma, ma ciò che sorprende, invece, è la “forma” della barca. Ciò che ha sempre contraddistinto i Pershing è il loro inconfondibile design esterno, evoluto negli anni,  ma mantenuto sempre uguale per tutti, cosa che se rende difficile distinguere a colpo d’occhio un modello dall’altro, per contro li rende assolutamente riconoscibili ad altrettanto colpo d'occhio come barche Pershing anche da lontano. Guarda la gamma qui.

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Questa che vedete è un’anticipazione assoluta, quindi cosa c’è oltre i rendering che vi mostriamo non è dato sapere a nessuno… al momento.

Il designer, comunque, è sempre lo stesso, ovvero Fulvio De Simoni, colui che ha disegnato i Pershing dal primo all’ultimo. E questa volta ha dato un’impronta decisamente diversa, a cominciare dalla prua con uno slancio poco accentuato e più squadrato, come una sorta di ibrido fra la prua dritta (tipo wavepiercing) e il classico slancio che siamo abituati a vedere sulla stragrande maggioranza delle barche. Le forme sinuose che caratterizzano i Pershing “classici”, poi, qui lasciano ampio spazio a linee dritte e spigoli vivi delle vetrate e della zona di poppa. Gli unici elementi caratterizzanti dei Pershing, sul nuovo 140 sembrano quasi celati nel nuovo design e sono il profilo dell’upper deck (dove c’è la postazione di comando) con la forma ad arco assecondata dalla vetrata laterale, e il nuovo montante poppiero che dalla tuga si integra con la murata, creando una sorta di “ingresso” al passavanti.

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Per quanto l’enorme living sul ponte superiore possa essere equiparabile a un flying bridge, il Pershing 140 si classifica come open hardtop come tutto il resto della gamma, del resto su queste misure è impossibile non sfruttare la parte superiore del top per creare quello che poi all’atto pratico è un vero e proprio fly, ma che da questo si distingue per non avere la propaggine sopra il pozzetto che così rimane scoperto, proprio come si confà a un open. L’upper deck, dunque, propone una zona con divano, tavolo e poltrone più un grande bar sotto un hardtop sospeso su due montanti, mentre a poppa, si trova un solarium arredabile a piacere.

Ma la vera “terrazza sul mare”, come si suol dire, è il pozzetto, che regala tanto spazio calpestabile intorno all’isola formata dal prendisole e dal living con divano, tavolo e poltrone.

All’interno,  l’armatore alloggia in una cabine wide body a prua del ponte principale, mentre per gli ospiti sono disponibili altre quattro cabine sottocoperta, ovviamente tutte con bagno, così come è ovvio che tutti gli interni sono personalizzabili.

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Un modo diverso di navigare, magari meno avventuroso, ma ricco di opportunità e eccellente per conoscere, e apprezzare, attraverso il Canal du Midi l’entroterra francese.

Devo essere sincero, quando sono stato coinvolto in questa settimana sulla house boat non ero per niente entusiasta. Ma era anche l’unica soluzione per andare in vacanza con mio figlio, due suoi amici e i loro genitori. Una premessa che sembrava trasformarsi in una sorta di gabbia. Loro, nessuna esperienza di navigazione, io che avrei preferito non averla invece mi ritrovavo già nel ruolo di “capitano” ancora prima di lasciare l’Italia.

Alla scoperta del Canal du Midi

L’arrivo a Homps, nel Sud della Francia alla base della Le Boat, la grande organizzazione che praticamente noleggia house boat in tutta Europa, non fa che confermare le mie paure: un agglomerato di barche decisamente poco piacevoli allo vista, brulicanti di croceristi e biciclette. Tempo un’ora e l’efficientissimo personale di terra mette anche noi nella condizione di mollare gli ormeggi verso il Canal du Midi.

Usciti dal porto viriamo, si fa per dire perché la direzionalità delle barche è solo un’ipotesi, a sinistra verso Carcassone. Ma è tardi, le chiuse sono già in pausa e non resta che aspettare la mattina seguente. Piantiamo due picchetti e l’ormeggio è fatto, prendiamo le biciclette e raggiungiamo un paesino a pochi chilometri dove ci accoglie una creperie che ricordiamo con nostalgia ancora adesso ad anni di distanza. Comincio a cambiare idea.

Ma il bello viene il giorno seguente, apre la chiusa e si scatena la gara a chi lancia le cime, a chi le raccoglie, chi è più pronto a saltare in barca. La novità, penso e invece a ogni fermata la scena si ripete e ogni volta c’è un nuovo motivo di divertimento. Il tutto ovviamente da parte dei ragazzi che, dimenticati Game Boy e sospiri di noia, passano poi all’attacco del fly per darsi i turni al timone. La barca non è direzionale, ma si va talmente piano (velocità massima consentita 8 km/h, reale circa 6) che non si possono combinare guai, al massimo ci si appoggia all’argine o a qualche altra barca, una risata e si riparte.

Ricapitolando siamo in crociera (beh sì, chiamiamola così) da mezza giornata e noi adulti abbiamo tutto il tempo per pensare a noi. I tre libri che mi sono portato comincio a pensare siano pochi, ma non ho fatto i conti con i paesini che si incontrano ogni poche miglia su tutto il Canal du Midi. Quando il campanile ti fa pensare a qualcosa di interessante, non c’è neppure bisogno di avere la conferma dalla guida: si piantano due picchetti, si ormeggia, si inforcano le biciclette e ci si va. Se l’impressione era sbagliata ci si consola con la spesa a base di specialità locali e un Pastis al bar in piazza, in caso contrario c’è anche l’opportunità di vedere qualcosa di interessante e fuori dai soliti tour preconfezionati.

Una vacanza più avventurosa? Perché non la Patagonia allora!

Per non parlare delle cantine: dal Canal du Midi lo sguardo può spaziare su ettari di filari e da qualche parte tutta quell’uva deve pur finire… e così infatti è. Trovare le cantine non è difficile, anzi c’è proprio l’imbarazzo della scelta tra i diversi cartelli che troneggiamo sulle rive, molte sono anche attrezzate con un piccolo pontile. Quindi solita scena: ormeggio, bicicletta e rientro carichi di bottiglie. A questo punto la tappa a Carcassone, che doveva essere il clou della vacanza, diventa uno dei tanti posti visti, anche un po’ troppo turistico.

Molto meglio il Canal du Midi e i suoi tanti paesini sconosciuti, i loro ristorantini, il silenzio dei tramonti in completa solitudine all’ormeggio, mentre sul fly sorseggi il vino comprato la mattina. I ragazzi sono affaccendati a gestire la barca e noi adulti dobbiamo solo goderci la vacanza. Penso che ce la faremo…

Una vacanza più avventurosa? Perché non la Patagonia allora!

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