Pensavo cheā¦ la sicurezza in motonautica non servisse al diporto
Quando si vedono gli scafi offshore sfrecciare a 200 km/h non si pensa che tante soluzioni sperimentate in quelle gare sono poi utili anche nella produzione delle barche da crociera. Invece ĆØ cosƬ, come ci racconta Sergio Abrami, responsabile della sicurezza dellāUim (Unione Internazionale Motonautica).
1. Sapete chi ringraziare se i vostri scafi sono piĆ¹ robusti
Come le competizioni motonautiche hanno contribuito a migliorare la sicurezza nel diporto? Non basterebbe un tomo della Treccani a voler approfondire il tutto correttamente.
Cerco di riassumere partendo dallāargomento piĆ¹ ovvio, la costruzione degli scafi. Leggerezza e robustezza strutturale sono essenziali per ottenere velocitĆ e sicurezza. Lāavvento nellāultimo trentennio dei materiali di ultima e penultima generazione ha fatto sƬ che le imbarcazioni da competizione, anche se incidentate, non affondassero piĆ¹. Famosa ĆØ la foto del Class1 di Ferretti a MarbellaĀ che rientra in porto con i suoi mezzi e recentissimo ĆØ lāepisodio di un class 3C offshore allāEuropeo di Terracina: distrutto ma con la safety cell intatta che ha protetto lāequipaggio. Quindi i nuovi materiali permettono di realizzare, se ben progettate, leggere e robuste cellule di sopravvivenza.
Un altro travaso di know-how ĆØ legato alla tipologia di struttura degli scafi. Si ĆØ passati da strutture prevalentemente trasversali, caratteristica delle costruzioni tradizionali, a costruzioni con struttura prevalentemente longitudinale prima e a sandwich poi.
Lāuso di fibre a elevato modulo ĆØ un altro ātravasoā dal mondo della competizione a quello del diporto, complice anche lāabbassamento dei costi al chilo delle fibre di carbonio.
Ma attenti al āmonkey see, monkey doā (traduzione??? come dicono argutamente gli inglesi): carbonio non ĆØ una parola magica, bisogna saper progettare le strutture, dimensionarle correttamente, quindi la sola presenza di carbonio non esorcizza rotture drammatiche, anzi! Ho visto troppe splendide realizzazioni (dal punto di vista dellāesecuzione artigianale) essere carenti dal punto di vista strutturale.
2. Motori e trasmissioni piĆ¹ efficienti, anche nei consumi e nelle emissioni
Per molti anni, fino a piĆ¹ di due decenni fa, lāoffshore soprattutto Class 1 ĆØ stato palestra di confronto tra motorizzazioni diverse, in particolare benzina Vs Turbodiesel. Se nel diporto si ĆØ arrivati ad avere motori diesel leggeri ed efficienti, performanti, ĆØ merito delle competizioni. Se ci fosse stato fin dallāinizio un maggior polso di ferro e soprattutto la volontĆ āpoliticaā di controllare le emissioni gassose anche sullāacqua in competizione non si sarebbe arrivati al bando del diesel. Memorabili certe fumate e isole di particolato a pelo dāacqua alle partenze delle ultime Viareggio-Bastia-Viareggio: scafi in sovraccarico di gasolio che stentavano a prendere la planata emettendo fumi neri visibili da Viareggio fino al giro dellāisola del Tino.
Riguardo alle trasmissioni, le eliche di superficie con annesse appendici brandeggiabili e non sono passate rapidamente dal mondo della competizione motonautica al diporto veloce, anche se in realtĆ sono trasmissioni che derivano da sistemi utilizzati nel comparto militare, come dāaltronde i gruppi poppieri, e il Duoprop in particolare, un brevetto italiano del 1938 della Cabi Cattaneo di Milano.
Se nella competizione si ricerca la velocitĆ , nel diporto ormai da diversi anni (dallāinizio della crisi poi si ĆØ avuta una accelerazione del fenomeno) si ricerca lāefficienza, ovvero minori consumi a pari velocitĆ . Il vicepresidente Ucina Pietro Vassena allāultimo Salone di Genova, alla presentazione della rinata (forse) Venezia-Montecarlo, ha lanciato lāidea di creare anche una classifica legata allāefficienza.Ā Unāidea da seguireā¦ I piĆ¹ giovani non lo ricorderanno, ma decenni fa cāera una manifestazione automobilistica internazionale dedicata ai giornalisti del settore denominata āMobil Economy Runā che si ĆØ svolta dal 1936 al 1968. Una riedizione in chiave nautica mediterranea insegnerebbe a molti diportisti a usare al meglio, e con maggior efficienza, la propria barca.
3. Cupolini e parabrezza, non solo estetica
Questi non sono propriamente componenti abituali delle imbarcazioni da diporto piĆ¹ convenzionali. Lo diventano nel campo delle imbarcazioni veloci o in quelle da lavoro o comunque di servizio come i mezzi di pattugliamento veloce e di salvataggio. In offshore, fino agli anni Ottanta, i cupolini erano un riuso o riciclo di cupolini di F16 difettosi per proprietĆ ottiche, quindi scartati dallāUSAF ma validi come protezione su una barca. Si passĆ² dal semicupolino frontale, poco piĆ¹ che un robusto parabrezza al vero e proprio cupolino integrale, prima aperto e poi chiuso, spesso precariamente utilizzando la porzione tagliata per creare lāapertura. Ma non era sufficiente: comunque gli incidenti allāepoca erano perlopiĆ¹ infilate e non pericolose candele con ricaduteĀ di poppa o in posizione invertita. Si ĆØ fatta molta strada, ma molto deve essere ancora fatta, soprattutto per prevenire collassi della finestratura, che con il portello di chiusura sono i punti deboli della safety cell. Le caratteristiche del materiale del finestrino (PC policarbonato) nel primo caso e le dimensioni e tipo di vincolo del pannello nel caso del portello sono le criticitĆ piĆ¹ evidenti.
Un āwater deflectorā in coperta puĆ² aiutare a ridurre la pressione sulla finestratura in caso di infilata anche di una imbarcazione a motore da diporto. Sono i paramare che si trovavano a prua delle classi olimpiche Star prima che fossero autosvuotanti, o che troviamo sui Vaurien e sui 420, per fare un esempio velico. Ma i āparamareā li troviamo anche a prua delle navi militari per proteggere dal primo impatto il āpezzoā di prua.
4. Basta patemi sotto la gru
Le sospendite fisse sono obbligatorie sulle imbarcazioni da competizione, come lo sono uno o due robusti punti fissi di traino a prua. Ć un vero peccato che questo accorgimento di sicurezza passiva non sia ānormatoā a livello direttiva CE e soprattutto presente su imbarcazioni di piccole e medie dimensioni. In molti casi si potrebbe riuscire a salvare una barca in procinto di affondare: infatti lāuso delle fasce non ĆØ prudente, lo spostamento del cielo libero potrebbe far sfilare la barca dalle fasce con conseguenze per lāincolumitĆ degli operatori. Le sospendite fisse le troviamo sui mezzi di servizio dei megayacht e sui tender, ma anche su imbarcazioni giĆ piĆ¹ grandi come alcuni modelli di soccorso e salvataggio. Non ĆØ particolarmente complicato realizzarle: ĆØ solo questione di dimensionare correttamente lande e soprattutto struttura di scarico. Quasi tutte le mie barche da crociera ne sono fornite.
5. Per non dimenticare il banalissimo stacco motore
Son rimaste poche le categorie motonautiche in cui si corre liberi, non vincolati con cinture allāinterno di una safety-cell chiusa. Ma seĀ cāĆØ un aggeggio molto economico (3,60 euro su e-bay) che puĆ² salvare la vita e che nasce nel mondo della motonautica (dove ĆØ obbligatorio come d'altronde nel diporto), ma che raramente viene usato, confuso spesso con un portachiavi, ĆØ lo stacco motore.
Ogni anno nel diporto ci sono incidenti con ferite gravi, spesso mortali, che quel semplice ed economico, magari un poā fastidioso, cordino a spirale di plastica avrebbe potuto evitare. Gente sbalzata in acqua per una avaria, una virata trasformatasi in un testacoda, quando non investita dal proprio mezzo che inizia a girare in tondo.
Una colpa, indirettamente, ĆØ anche di una certa stampa nautica. Mi capita di vedere spesso foto di prove in mare dove il tester non indossa il salvagente autogonfiabile e soprattutto non ha al polso il cordino dello stacco. Una campagna di sensibilizzazione sullāargomento fatta da campioni ed ex-campioni di motonautica ad inizio stagione estiva sarebbe una āPubblicitĆ progressoā a favore della motonautica spesso, per colpa di pochi cafoni, vista non di buon occhio dallāopinione pubblica.
Parlo di quelli che partono da riva con motore acceso, usano le boette sub come boe percorso, incrociano rotte di barche piĆ¹ piccole senza rispetto di precedenze o di semplice buon senso e che ignorano lāuso del salvagente e dello stacco motore. Per non parlare di quelli che inseriscono il timone automatico e si occupano a tuttāaltre faccende.
Buona e sicura navigazione a tutti.
Chi ĆØ Sergio Abrami
Sergio Abrami, 64 anni, ĆØ progettista nautico, proboviro di As.Pro.Na.Di. (lāAssociazione Progettisti Nautica Diporto Ā riconosciuta dal Ministero Infrastrutture e Trasporti giĆ Ministero della Ā Marina Mercantile), membro associato della SNAME Ā (Society of Naval Architect and Marine Engineers ), ex Presidente della sezione milanese Ā e membro associato di A.Te.Na. (Associazione Italiana di Tecnica Navale), docente Ā al Master di Yacht Design del Politecnico di Milano e docente al Master of Ship & Yacht Design presso lo IUAV di Venezia (Istituto Universitario Architettura Venezia), CTU al Tribunale di Brescia, stazzatore Ā FIM, Past V. President Ā Cominoff-UIM, commissario tecnico permanente WOC 1992. Ora UIM Consultant e Technical & Safety Officer Ā UIM . Relatore nei corsi specializzati sullāuso di materiali compositi nel campo ferroviario alla Ansaldo Breda, in quello caravan e camper alla Laika e per i battelli pneumatici alla Arimar. Infine, membro del Gruppo di lavoro UNI (Italian Unification Committee) e ISO (International Standards Organization) per lo smaltimento e il riciclaggio di imbarcazioni e navi in composito.
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