La creazione della Beneteau Motor Yachting Business Unit inizia con la decisione dello scorso anno del Groupe Beneteau di riorganizzarsi in tre grandi segmenti di business. Per i monoscafi a vela: i brand Beneteau e Jeanneau; per i multiscafi a vela: Lagoon ed Excess; per le barche diurne fuoribordo: Beneteau, Jeanneau, Wellcraft, Scarab, Four Winns; e infine la divisione Motor Yachting, che include tutti i marchi Prestige, Beneteau Trawlers e Gran Turismo, Delphia.

Per dare un’idea dei “pesi” nel fatturato del Gruppo delle tre Business Unit, la vela vale circa la metà, mentre i motoryacht entrobordo pesano per più di un quarto.

Michelagelo Casadei, General manager della Beneteau Motor Yachting Business Unit.
Michelagelo Casadei, General manager della Beneteau Motor Yachting Business Unit.

Il “chi è” della Beneteau Motor Yachting Business Unit

Nessuno meglio di Michelangelo Casadei, da circa un anno General Manager della Business Unit, può introdurci a questa nuova realtà del Groupe Beneteau: “La nostra BU si occupa di tutto ciò che è di dimensioni superiore a circa 12 metri e, a oggi, fino a 24 metri. Nella Motor Yachting abbiamo il marchio Prestige articolato nella diffusissima linea flybridge “F-Line” e nella famiglia in crescita dei multiscafi della M-Line. Per il marchio Beneteau, i tradizionali Swift Trawler alla vigilia di una progressiva rivisitazione iniziata con il Trawler 54 (2024) e che vede quest’anno le novità Swift Trawler 37 e Grand Trawler 63 (prodotto proprio a Monfalcone); e ancora una nuovissima gamma di Gran Turismo”.

La produzione della Motor Yachting Business Unit si sviluppa in due cantieri principali: a Monfalcone e a Les Herbiers per le barche fino a 65 piedi, uno dei principali cantieri del gruppo nella zona di Nantes, con più di 400 persone impiegate. Monfalcone è il sito produttivo per i modelli di maggiori dimensioni e oggi annovera una forza lavoro superiore alle 200 unità tra interni e appaltatori.

Motor Yachting Business Unit.

Beneteau Motor Yachting Business Unit, la fase 3.0

Un cantiere arrivato a quella che qui definiscono la fase 3.0. Si inizia con l’acquisizione nel 2010 da parte del Gruppo Beneteau dalla Seawayper sviluppare il marchio Monte-Carlo Yacht, attivo fino al 2021, ma ancora tra gli asset del Gruppo. È quindi iniziata una fase 2.0 di transizione con l’obiettivo di evolvere un’infrastruttura così importante e anche un personale altamente qualificato, affinando gli standard industriali e le procedure, continuando a produrre quei modelli che avevano l’esigenza per le loro dimensioni di essere vicini al mare: dai CNB 76 e Jeanneau 65 a vela agli Swift Trawler più grandi.  

La fase 3.0 inizia nel 2024 con l’insediamento della Beneteau Motor Yachting Business Unit che fa di Monfalcone uno dei due pilastri chiave dello sviluppo del business a motore del Gruppo, con il dichiarato obiettivo di combinare l’expertise artigianale di un marchio esclusivo accumulata con Monte Carlo Yacht conle competenze nella produzione industriale del Groupe Beneteau. Al momento Michelangelo Casadei,oltre alla carica di Direttore generale di tutta la BU, quindi sia per gli aspetti commerciali che per quelli produttivi del segmento di business, ricopre anche il ruolo di direttore del sito di Monfalcone, almeno fino al completo avviamento della nuova fase.

Motor Yachting Business Unit.

I work in progress

“Alcune evoluzioni dell’organizzazione vengono dalle mie esperienze precedenti - precisa Casadei -. Per esempio, il bilanciamento di responsabilità tra produzione e qualità, con evoluzioni organizzative e metodologiche collegate alle competenze di alta industrializzazione che sono un plus riconosciuto di Beneteau, dalla tecnica dei moduli prefabbricati degli interni (un sistema moderno ed efficiente di scomporre gli impegni, perché mentre si lavora dentro la barca, si opera anche sul modulo fuori dalla barca), al bilanciamento lean delle linee e dei flussi dei materiali. Quindi la fase 3.0 è un po’ una sintesi tra quella che è stata l’esperienza Monte Carlo Yacht, quello che Beneteau ha portato come standard industriali, oltre a quello che io personalmente sto portando per le mie esperienze precedenti”.

A questo punto un po’ di spazio va dedicato anche al curriculum di Michlenagelo Casadei che si è laureato in ingegneria meccanica a Bologna nel 1999 e ha lavorato nel Gruppo Fiat dal 2000 al 2008, con un lungo periodo in Iveco Motori, quindi il suo background iniziale nasce nel mondo automotive. È entrato nel Gruppo Ferretti nel 2008, all’alba della grande crisi, con il compito di razionalizzare la tecnologia tra i vari marchi che in quel momento erano cantieri ognuno con la sua storia e quindi ognuno con le sue consuetudini e le sue scelte costruttive e impiantistiche. Successivamente alla guida della Qualità e Collaudi e, infine e soprattutto, alla Direzione Tecnica dei marchi tra il 2015 e il 2021, periodo di importante sviluppo delle nuove gamme. Del 2021 è il passaggio in Nautor per razionalizzare la produzione dei mitici Swan, sapendo combinare il rispetto della tradizione con metodologie costruttive più razionali e moderne. Infine l’approdo al Groupe Beneteau nel marzo del 2024.

Motor Yachting Business Unit.

“C’è sempre molto da fare per migliorare le metodologie di lavoro, con al centro la crescita dei team di persone, fondamentali in questa industria. Se la barca a vela rimane la mia passione, professionalmente trovo i motoryacht più stimolanti dal punto di vista tecnico, produttivo e di mercato - conclude Casadei -. Nello specifico qui a Monfalcone penso stiamo lavorando a un ottimo livello di organizzazione, pronti a crescere nuovamente se il mercato risponderà bene, con l’obiettivo di superare le 20 unità anno su quattro delle cinque linee produttive oggi impegnate dai nuovi prodotti (due per i catamarani a motore M8 ed M7, una per il Grand Trowler 63) e una per il progetto refit della flotta Lagoon 620. Un’attività ad alto valore economico e di sostenibilità, dedicato a armatori e società di charter che operano con le unità naviganti, anche questa avviata nel 2024. A questi si aggiungeranno presto altre novità e quindi l’obiettivo di utilizzarle tutte e cinque, e oltre, è tutt’altro che un’ipotesi”.





La storia del cantiere Tuccoli è sempre stata indissolubilmente legata al territorio, a Livorno e al suo mare, anche se poi la fama di barche solide e marine è cresciuta tra i professionisti della pesca contribuendo a rafforzarne l’apprezzamento sviluppando l’attività. Così il nome Tuccoli, prima con le barche in legno e poi di vetroresina, ha continuato la sua storia fino agli anni 2017-2018, cioè fino all’ingresso di una nuova proprietà che ha sentito l’esigenza di avere dei volumi produttivi diversi da quelli di un tempo e quindi ha puntato sulla differenziane della produzione. Oggi, a oltre cinque anni di distanza, quel processo è decisamente a buon punto e qui nasce la nostra curiosità di conoscere meglio la nuova Tuccoli, anzi la Tuccoli Marine, le sue linee di prodotto e l’evoluzione tecnologica che le caratterizza. Per questo abbiamo incontrato Marcello Gherbin, direttore commerciale e uno dei tre soci della nuova proprietà.

Tuccoli Marine.

“C’era l’esigenza di dare un’accezione di tecnologia alle barche Tuccoli - racconta Gherbin -, l’appellativo ‘Technology Boats’ ribadisce questo concetto che va di pari passo con la creazione di quattro divisioni che sottolineano come l’esperienza e la competenza Tuccoli si sia allargata in quattro diverse direzioni, tutte però con un unico denominatore comune che è rappresentato dalla Tuccoli Advanced Manufacturing Technology (TAMT). Un sistema proprietario che combina il meglio dell’esperienza e della tradizione artigianale maturata in oltre 70 anni dal cantiere con soluzioni tecnologiche avanzate: l’insieme dei processi esclusivi che caratterizzano la produzione delle imbarcazioni Tuccoli Marine”.

Tuccoli Marine.

Quattro divisioni ognuna con un proprio brand sotto l'egida di Tuccoli Marine

Delle quattro divisioni, Tuccoli Professional è quella specializzata nelle imbarcazioni da lavoro per professionisti come le autorità portuali, piloti, Carabinieri piuttosto che Vigili del Fuoco. Sempre un filone legato alla storia del cantiere è la linea Tuccoli Technology Boats, fisherman per la pesca professionale e sportiva, ma anche per la famiglia e gli sport sull’acqua. Con la sigla SF sono individuati i modelli ‘Sport Family’, con quella VM quelli firmati da Marco Volpi per la pesca sportiva ad alto livello e con Heritage, quelli più legati alla tradizione del cantiere, con le loro linee classiche e la motorizzazione entrobordo.

Nuova è invece la divisione Bespoke by Tuccoli, quella che consente al cantiere di riunire tutte le competenze di cui oggi dispone e metterle adisposizione di terzi. Dalla capacità di realizzare modelli e costruire gli stampi delle imbarcazioni, oltre ovviamente alla lavorazione di vetroresina e falegnameria per allestire modelli one-off o in piccola serie per singoli armatori o altri cantieri che possono affidare a Tuccoli Marine la produzione delle loro imbarcazioni oppure lo sviluppo dei loro progetti.

“Sono modelli Bespoke by Tuccoli - spiega Gherbin -, ma non delle nostre gamme, non ne faremo una serie perché questa divisione non produce imbarcazioni di serie, ma trasformiamo in prodotto quello che altri hanno disegnato o, nel caso del singolo armatore, magari solo idealizzato. Sotto questo aspetto da segnalare il rafforzamento della nostra struttura produttiva: oltre 1000 mq aggiuntivi dedicati alla lavorazione della vetroresina, 450 mq per l’allestimento delle barche, per una superficie complessiva dello spazio industriale ampliata di oltre 3000 mq compreso l’allargamento del piazzale”.

La quarta divisione Lion Yachts è certamente la più ambiziosa perché prevede la progettazione e costruzione di imbarcazioni sportive e cruiser di alta gamma. “Il brand sarà proprio Lion Yachts - spiega Gherbin -. Presto andremo a produrre un gruppo di motovedette da 50’ per i Carabinieri e il medesimo scafo sarà poi utilizzato per presentare al mercato Lion Yachts, che per altro ha già prodotto altri modelli, un 35’ e un 60’ fuoribordo. Abbiamo avuto pure altre richieste che però non riuscivamo a integrare alla produzione, ma questo è lo sviluppo che prevediamo per questo brand interamente dedicato al diporto”.

Tuccoli Marine.

Tecnica e costruzione

Il lavoro dell’ufficio tecnico, che si compone di quattro figure altamente professionali, ha consentito di poter sviluppare alcune tecnologie di costruzione che, se non sono particolarmente innovative nella scelta dei materiali, lo sono per come vengono abbinate a quelle che erano le tecniche di produzione Tuccoli, secondo le nuove linee guide definite dalla Tuccoli Advanced Manufacturing Technology.

“Alcune riguardano la tecnologia del prodotto, cioè di costruzione dello scafo, altre l’elettronica o la componente di sistema della barca - spiega Gherbin -. Quella che chiamiamo Tuccoli Progressive Hull (TPH) la ritroviamo su tutti i modelli perché è in pratica l’elemento chiave che continuiamo a perseguire anche nei nuovi progetti, cioè una carena con una caratteristica di progressività e di incidenza, cioè come varia l’angolo tra prua e poppa, che ne determina le diverse caratteristiche di navigazione e di stabilità alla fonda. Un elemento proprietario che abbiamo studiato e sviluppato e che replichiamo modello per modello per ottimizzare queste due componenti, il passaggio sull’onda e la stabilità alla fonda. Quest’ultima evidente eredità della nostra tradizione legata alle barche da pesca”.

Tuccoli Marine.

Di recente introduzione è invece la tecnologia modulare Tuccoli Modular Deck (TMD). Un sistema costruttivo che prevede una personalizzazione degli elementi accessori di coperta tramite l’inserimento di moduli standard. In pratica, invece che avere delle personalizzazioni fatte al momento in maniera artigianale, il cantiere ha predisposto degli elementi della barca, tipo diverse soluzioni per esempio per lo specchio di poppa, semplicemente agganciando un modulo. Così è fatta slava la flessibilità per accontentare le richieste degli armatori e quindi avere delle soluzioni alternative per il cliente, ma allo stesso tempo sono soluzioni ‘prepensate’ e quindi efficienti sotto l’aspetto della funzionalità. Una sorta di mattoncini del Lego.

“Ci sono elementi del layout non modificabili, come una o due cabine - spiega Gherbin -, ma posso decidere di avere una o due sedute, delle vasche del vivo grandi invece delle sedute, oppure delle vasche del vivo più piccole ma con delle sedute. Questa scelta alternativa è possibile grazie al sistema TMD come se fossero mattoncini, metto e tolgo, costruttivamente ci sono poi dei binari che consentono l’aggancio o lo sgancio degli elementi. È anche una soluzione utile in aftermarket, perché tecnicamente i moduli si possono cambiare anche a barca completata. Quindi, se si vuol vendere la barca e sono state fatte delle scelte che privilegiano un certo utilizzo, e chi la vorrebbe comprare ne preferirebbe altre, è possibile intervenire”.

Un altro elemento costruttivo è il sistema Tuccoli Double Structure (TDS), vuol dire a doppia struttura, cioè quasi tutte le barche adottano un sistema di stampo e controstampo, non vengono più laminati o resinati gli elementi strutturali della barca, ma vengono realizzati in uno stampo separato che poi viene accoppiato. Questa soluzione crea una doppia laminazione nei punti di contatto tra i due elementi, quindi uno spessore maggiore e una elevata rigidità della struttura rispetto a uno scafo di un solo elemento: quindi, il sistema permette di accrescere in maniera esponenziale la rigidità strutturale e torsionale del manufatto. Inoltre, consente di creare dei canali interni per il passaggio degli impianti senza elementi a vista e, soprattutto, essendo due pezzi entrambi realizzati a gelcoat, uno al rovescio dell’altro, vengono accoppiati per la parte grezza e quindi, sia esternamente che internamente alla barca, ci sono sempre delle superfici lucide.

“Questi tre sistemi appena citati riguardano la costruzione - ricorda Gherbin -, ma recentemente ne abbiamo introdotto un quarto che riguarda la tecnologia del carbonio: la Tuccoli Carbon Technology (TCT). Generalmente il carbonio è lavorato in infusione di resina sottovuoto, ma in Tuccoli abbiamo sviluppato una tecnica di applicazione manuale che consente di adottarlo anche su modelli relativamente piccoli per avere un risparmio di peso, non estremo come quello sottovuoto, però un risparmio sensibile con un extra costo estremamente limitato”.

Più ludica è invece la Tuccoli Audio Performance (TAP), il sistema di ingegnerizzazione degli alloggi delle casse degli altoparlanti per una ottimale riproduzione sonora. Tutti i fornitori di casse audio chiedono, per massimizzare la loro resa, delle intercapedini realizzate con specifiche precise. Un conto è montare la cassa dove c’è posto, un altro creargli un alloggio che rispetti gli standard imposti dal fornitore del sistema. La struttura della barca diventa quindi la sua cassa di risonanza e questo richiede un attento studio, perché la vetroresina ha una conduttività moderata e porta più rumori che non suoni, quindi creargli degli alloggi idonei garantisce importanti vantaggi in termini di efficienza e di risultato finale d’ascolto.

Tuccoli Marine.

Infine Tuccoli Smart Link (TSL) è il sistema di interfaccia uomo-barca di bordo per il controllo e la gestione delle utenze della barca e rendere più facile la navigazione. “È basato sul sistema domotico EmpirBus di Garmin con un software realizzato e sviluppato internamente per noi - spiega Gherbin -. Così possiamo controllare molte funzioni di bordo anche da remoto e, un po’ come sulle auto di ultima generazione, l’armatore può scegliere quali informazioni vuole vedere sul monitor. Nella pagina Smart Link tutta una serie di funzioni sono predeterminate in modo che la gestione della barca sia facile e intuitiva. Facciamo un esempio pratico: per attivare il wc devo aver aperto la presa a mare, aver caricato l’acqua, acceso lo scarico, ma anche aver alimentato il bagno per accendere le luci, tutte queste operazioni vanno ricordate ogni volta, invece con TSL basta segnalare alla barca che sono in rada e automaticamente avvierà una serie di funzioni e ne spegnerà delle altre, così quando saremo in navigazione. L’obiettivo è rendere facile la gestione della barca”.

“Tutte queste tecnologie non sono disponibili su tutta la gamma Tuccoli Marine - conclude Gherbin -. Sono tecnologie crescenti in base al modello, fatta eccezione per il TPH che riguarda la carena. La doppia struttura TDS è proposta dai modelli 250 a salire, mentre la soluzione modulare TMD è prevista in tanti o pochi elementi ma su tutte le barche, così come TAP, mentre TSL è sempre di serie, ma a livelli crescenti a seconda dei modelli e delle esigenze dell’armatore”.



Quando si valuta l’acquisto di una barca ci si sofferma spesso sugli aspetti esteriori: un layout più o meno rispondente ai propri desideri e la dotazione di accessori. Raramente si guarda “sotto il vestito” e le barche di Ranieri International “sotto il vestito” nascondono tanta tecnologia. Scopriamole qui.

Hull Innovative System by Ranieri International

Il sistema Hull Innovative System è stato messo a punto da Ranieri International grazie alla sua lunga esperienza di progettazione e costruzione di imbarcazioni. Inseguendo l’obiettivo di individuare la migliore geometria di carena possibile, che favorisca il minore attrito dello scafo sull’acqua senza sottrarre energia e creando un’efficace ventilazione in grado di ridurre notevolmente le differenze di pressione, Ranieri International ha creato e sviluppato negli anni il questo sistema.

La soluzione, che apparentemente sembra banale, è in realtà molto complessa nella sua progettazione e nella sua realizzazione e consiste nel ventilare lo scafo, riuscire cioè a incanalare forzatamente dell’aria tra la carena e l’acqua creando così un vero e proprio cuscino d’aria e acqua che riduce l’attrito della carena mantenendone la portanza. Questo fenomeno è tanto più efficace quanto più elevata è la velocità, e si ottiene con un particolare disegno della carena a “step” (gradini o redan), discontinuo nel suo sviluppo longitudinale come fossero più tronchi di scafo in sequenza.

Questa discontinuità di carena garantisce che il flusso di acqua si distacchi dallo scafo nel punto in cui viene interrotta la sua continuità longitudinale (con il gradino), andando ad impattare nuovamente con lo scafo in una zona più a poppa. L’intercapedine tra il punto di distacco e il punto di ricongiungimento viene riempita, oltre che dallo spray dovuto al distacco dell’acqua, da aria risucchiata dalle spalle laterali della carena. Di fatto questo meccanismo consente una “lubrificazione” del fondo “aspirando” l’aria all’esterno, favorendo la planata, diminuendo la resistenza all’attrito, migliorando la stabilità laterale ed eliminando il fenomeno della possibile oscillazione ritmica della barca detto “delfinamento”.

Con Hull Innovative System l’area di carena a contatto con l’acqua è divisa in due aree più piccole, che riducono la resistenza, migliorando prestazioni, stabilità e direzionalità a tutto vantaggio di una velocità più elevata e consumi più ridotti. Questo frazionamento dello scafo consente inoltre di avere geometrie di carena con variazioni del deadrise e disposizioni dei pattini differenti tra gli step: questo garantisace che ogni sezione lavori come fosse una carena a sé stante con le proprie caratteristiche di portanza e resistenza.

Nella più recente evoluzione del Hull Innovative System, denominata Generation II, nel profilo dell’opera viva si nota immediatamente la presenza di un doppio redan, Twin Air Step System, con un disegno “a imbuto” che forzano l’ingresso della massa d’aria generata dall’avanzamento dello scafo nei tunnel longitudinali che la incanalano e distribuiscono sul fondo. Questa nuova forma, la loro posizione e il loro numero maggiorato, influiscono in modo significativo sulle prestazioni e sul comportamento della nuova generazione delle carene poiché ne determinano assetto, confort e prestazioni.

Fully Developed Cockpit System by Ranieri International

Il Fully Developed Cockpit System è un sistema di coperta brevettato e introdotto sulla linea di produzione delle barche da Ranieri International fin dal 2001 e in seguito anche sulla linea dei gommoni Cayman lanciati nel 2014. Questa tecnica di costruzione nasce con l’obiettivo di ottimizzare i processi produttivi realizzando una coperta monoscocca, cioè raggruppando in un unico stampo coperta, fondo cabina, alloggi tecnici dei serbatoi carburante e acqua e i gavoni.

I vantaggi sono molteplici: componenti solidali tra di loro per una struttura molto più solida, leggera ed elastica, questo elimina i rumori e le vibrazioni determinate dal montaggio di singole parti e senza incollaggi. Questo sistema consente di ottenere un prodotto già “finito” una volta estratto dallo stampo senza successive lavorazioni di carrozzeria, riducendo notevolmente i tempi di produzione e garantendo quindi un manufatto di elevata qualità strutturale ed estetica.

Fully Developed Cockpit System garantisce inoltre una perfetta ottimizzazione degli spazi abitabili esterni e interni, oltre a una corretta predeterminazione anche dei vani “tecnici”, garantendo una perfetta distribuzione dei pesi e migliorando ulteriormente tutti quegli aspetti legati alla stabilità, al comfort e alla sicurezza in navigazione.

Cockpit Shock Absorber by Ranieri International

Ranieri International, con l’obiettivo di rendere la navigazione il più possibile confortevole e sicura in tutte le condizioni di mare ha sviluppato anche il Cockpit Shock Absorber, una tecnica particolare di assemblaggio della carena con la coperta totalmente ideata dal cantiere per avere dei veri e propri “silent-block” tra le due componenti.

Questa tecnica, oltre a migliorare l’incollaggio, garantisce che carena e coperta siano fortemente solidali, ma allo stesso tempo concede flessibilità ed elasticità agli elementi tanto da assecondarne il moto ondoso, attutendo le sollecitazioni derivanti dal contatto con le onde e quindi migliorando il confort di navigazione.

Cockpit Shock Absorber è stato progettato in modo da assorbire e attutire la maggior parte delle vibrazioni che scaturiscono dai colpi generati con il movimento. Inoltre, interponendosi tra le fonti meccaniche delle vibrazioni (carena e coperta), riduce l’effetto di risonanza assorbendo gran parte del rumore che ne deriva.




Il mondo dei gommoni, vuoi per una tecnologia costruttiva di base abbastanza semplice, vuoi per il successo commerciale che stanno conoscendo, è spesso vittima di iniziative sporadiche che vivono lo spazio di una stagione e forse neppure di quella. Breva Marine è esattamente l’opposto di tutto questo, basterebbe la figura di Cinzia Grottoli a dare credibilità all’iniziativa ma, da abile manager quale è, prima di dare vita a questa nuova avventura, ha creato un team davvero invidiabile.

Cinzia Grottoli, Ceo & Marketing Manager di Breva Marine.
Cinzia Grottoli, Ceo e Marketing Manager di Breva Marine.

Perché Breva Marine

Breva Marine nasce grazie al supporto di un investitore solido, con una profonda passione ed esperienza nel mondo della nautica, affiancato da un partner tecnico specializzato nella realizzazione di manufatti in vetroresina e nello sviluppo di carene performanti. A completare la filiera, la sede operativa di Grezzago (MI), una struttura di oltre 2500 mq dove si svolgono tutte le fasi di lavorazione: dalla produzione e rifinitura dei tubolari all’assemblaggio e allestimento completo delle imbarcazioni, inclusi coperta e interni.

Per la tappezzeria si farà invece riferimento a MDU, l’azienda di Andrea Aiello, con il quale Cinzia Grottoli ha già collaborato nella sua recente esperienza in Joker Boat che in un paio di anni aveva portato al raddoppio del fatturato. Se quindi il cantiere di Grezzago è al momento ancora in fase di allestimento, l’imprinting industriale e la solidità dell’impresa sono già molto chiari.

Area di produzione del cantiere Breva Marine.

“Nel momento in cui mi è stata affidata la conduzione di Breva Marine ho deciso di dare concretezza a quella che per me è l’idea di sviluppo di un cantiere - racconta Cinzia Grottoli -. Ovviamente sono scelte condivise anche con l’investitore: mi ha dato fiducia e fin dall’inizio c’è stata una totale sintonia nelle scelte di fondo. Avendo in passato avuto un’esperienza anche nelle barche più esclusive, cerco di reinterpretare questa competenza anche nel mondo dei gommoni, un mondo per certi versi ancora molto artigianale”.

Il cantiere è ancora in allestimento, ma già si capisce il taglio industriale della produzione, gli spazi, le linee di lavorazione. “Niente di più lontano dal piccolo cantiere artigianale con papà, mamma e figlio che si mettono a fare gommoni - prosegue Cinzia Grottoli -. Per me la barca, e quindi il gommone, sono un sogno e come tale devo realizzarlo e devo far sognare i miei clienti. Farlo vivere al cliente inizia già dall’approccio iniziale, dobbiamo essere bravi a interpretare le sue aspettative, farlo sentire a proprio agio e, soprattutto, proporgli quello di cui ha bisogno: le soluzioni e i profumi che lo conducono al mare. Del resto questo progetto nasce già nel nome da un elemento naturale come il vento, la Breva, un vento che porta freschezza e novità, un vento di passione, perché questa è il sentimento che anima persone che da tanti anni lavorano in questo settore. Ecco perché mi sento pronta, perché grazie alla mia esperienza ho capito che cosa vuole la gente, e lo interpreto con leggerezza e freschezza, ma non con un approccio improvvisato come spesso capita in questo ambito”.

Breva Marine.

La gamma dei gommoni di Breva Marine

La gamma con cui Breva Marine si presenta al mercato si compone di quattro modelli tutti fuoribordo. Considerando che il nome del cantiere è già sufficientemente evocativo, è corretto che i singoli modelli ripropongano semplicemente la sigla della loro lunghezza.

Si parte quindi con il Breva 630 di 6,30 m, per salire al Breva 800 di otto metri, proposto in due versioni mono e bimotore con diversi livelli di allestimento. Si prosegue poi con il Breva 1100 di 10,50 metri, ma ancora natante, a cui segue l’ammiraglia Breva 1300 di 13 metri.

Non è finita: a questi si aggiungono tre tender, rispettivamente di 3, 3,35 e 4 metri. Le sigle sono ovviamente Breva 300, Breva 335 e Breva 400 e la motorizzazione sarà fuoribordo, ma è allo studio anche una versione elettrica. Saranno tutti ampiamente personalizzabili per adattarli ai colori dello yacht a cui saranno destinati.

Già a Cannes saranno esposti il Breva 800 e il Breva 1300 e nell’autunno sarà in acqua anche il Breva 1100, con l’obiettivo di completare la gamma per fine anno ed essere a pieno regime produttivo per l’inizio della stagione 2026.



Un’azienda in cui tutte le persone contano

Inevitabile che una domanda cada sulla struttura dell’azienda: Breva Marine può già contare su un team interno qualificato e su una rete di collaboratori esterni specializzati. Nei prossimi anni è previsto un potenziamento significativo delle risorse, con un raddoppio dell’organico interno e lo sviluppo di un indotto sempre più strutturato.

Sul fronte commerciale, Breva Marine ha impostato una strategia di distribuzione basata su una rete di partner selezionati a livello nazionale e internazionale, con l’obiettivo di garantire una presenza capillare in Italia e nei principali mercati europei.

A supporto di questa visione, è attiva una base commerciale presso la Marina di Verbella, a Sesto Calende sul Lago Maggiore, che rappresenta il fulcro delle attività commerciali e il terzo polo operativo, insieme alla sede di Grezzago e al partner dedicato alla realizzazione delle carene.

“Sono una donna di marketing e sono convinta che, al di là del prodotto, ci debbano essere le persone - afferma convinta Cinzia Grottoli -. Le aziende che sono cresciute, sono cresciute grazie alle competenze delle persone che ci lavorano e Breva Marine è fatta prima di tutto di persone. Nella nostra sede ho previsto un’aula per la formazione dei venditori, voglio insegnare a comunicare linearmente per avere un risultato immediato, in altre parole prepararli sotto l’aspetto del marketing, e al contempo tenerli aggiornati sui punti di forza del prodotto. L’obiettivo è aiutare i nostri dealer, che sono impegnati su tantissimi fronti, a promuovere la nostra azienda e il loro business, aiutarli a valorizzare i prodotti, a comunicare in modo chiaro, veloce e in prima persona. Saper spiegare a un cliente sia le differenze tra un prodotto e l’altro sottolineando i nostri punti di forza”.

Breva 1300.

“Ma Breva Marine è fatta anche di empatia - conclude Cinzia Grottoli -. Ho trovato tanti fornitori, dealer e operatori del settore che mi hanno aiutato in questo progetto. C’è stato una sorta di vento della passione, persone che hanno capito la mia determinazione e che mi stanno seguendo. Come spesso accade, si chiude una porta e si apre un portone. La conclusione del mio percorso in Joker Boat, frutto di visioni ormai inconciliabili e di un contesto poco aperto al confronto, ha rappresentato per me non una fine, ma l’inizio di un’evoluzione. Da lì è nata la volontà di costruire qualcosa di nuovo, più in linea con una visione moderna, basata sul rispetto, sul dialogo e sul valore autentico delle persone. Questo progetto è il frutto di quell’energia trasformata, e anche del sostegno di chi ha creduto fin dall’inizio nella forza di un’idea diversa. Le persone che mi hanno seguito hanno creduto nel progetto: alcune stanno qua il giorno e la notte e in due mesi hanno fatto quello che c’è là fuori, ma lavoreranno tutto agosto per arrivare a Cannes con i nuovi modelli e non smetterò mai di ringraziarle”.



Prova di affidabilità o divertimento? Difficile scegliere, anche perché il Raid del Suzuki 60 Anniversary è stato entrambe le cose. I due fuoribordo DF60 hanno spinto senza mostrare il minimo problema i due gommoni Focchi, ovviamente di sei metri, per 60 ore difilate pure in maniera abbastanza strapazzata da parte dei driver.

I team erano composti dai giornalisti nautici e dai testimonial delle squadre agonistiche Suzuki di pesca sportiva e subacquea. Ma prima di raccontare il Raid, ripercorriamo la storia dei 60 anni di fuoribordo Suzuki.

Dalla nascita al Suzuki 60 Anniversary: tutto inizia negli anni Sessanta

Era il 1965 quando nacque il primo motore fuoribordo, il Suzuki D55, monocilindrico a 2 tempi di 98 cc e 5,5 cv, che venne sviluppato in seguito a una ricerca di mercato basata sulle macchine per la raccolta delle alghe nel lago Hamana. L’indagine fece emergere un’elevata domanda latente di motori fuoribordo, sia in ambito commerciale sia nel tempo libero.

Suzuki 60 Anniversary.

Nel 1966 il primo fuoribordo Suzuki è affiancato dal D40, sempre monocilindrico a 2 tempi, ma di 70 cc e 4 cv di potenza.

Suzuki 60 Anniversary.

Gli anni Settanta, l'avviamento elettrico e il passaggio ai due cilindri

Si dovranno aspettare 12 anni perché ai primi due modelli ne seguano altri. È infatti il 1977 quando nasce il DT5 un motore fuoribordo compatto da 5 cv e 2 cilindri, quando all’epoca si utilizzavano solo fuoribordo da 5 cv monocilindrici, il tutto per garantire una propulsione più potente. Il DT5, sempre a due tempi e 113 cc di cilindrata, era raffreddato ad acqua e adottava un termostato per consentire un raffreddamento efficiente. Inoltre era offerto anche con avviamento elettrico.

Suzuki 60 Anniversary.

Gli anni Ottanta, arriva il primo V6

Il 1980 segna un’altra significativa innovazione: non solo tre nuovi modelli più potenti ma anche, per la prima volta sui motori fuoribordo, l’iniezione dell’olio. I nuovi DT85, DT115 e DT140 sono inoltre dotati del sistema Suzuki PEI (Pointless Electronic Ignition) a garanzia di una accensione affidabile. Infine, il raffreddamento ad acqua è a controllo termostatico e l’albero motore è un solo monoblocco per una maggiore durata e affidabilità.

Suzuki 60 Anniversary.

Nel 1985 viene lanciato il DT200, il primo V6 di Suzuki della cilindrata di 2.693 cc, che è dotato di un sistema di iniezione dell’olio che permette di riempire separatamente il relativo serbatoio. I livelli di olio e acqua per il raffreddamento sono gestiti tramite un sistema di monitoraggio, mentre l’accensione è a controllo elettronico.

Suzuki 60 Anniversary.
Suzuki 60 Anniversary.

Del 1987 è la versione DT200 Exantè, il primo motore a ricevere un Innovation Award dal National Marine Manufacturers Association (NMMA) come “Prodotto più innovativo” dell’anno.

Gli anni Novanta, l'iniezione elettronica del carburante e i primi 4 tempi

Nel 1990, nei modelli DT225, DT200 e DT150 viene introdotta l’iniezione elettronica del carburante. Il Micro-Link Ignition è un computer che controlla la combustione e altri parametri della centralina. Inoltre, il sistema di monitoraggio del motore utilizza un allarme acustico per trasmettere vari avvisi.

Suzuki 60 Anniversary.

Ma è il 1994 un’altra data storica, perché segna la nascita dei primi fuoribordo Suzuki a 4 tempi: i DF9.9 e DF15 che hanno in comune il monoblocco bicilindrico di 302 cc.

Passano tre anni e, nel 1997, si allarga la famiglia dei 4 tempi con i due modelli DF60 e DF70, i primi fuoribordo a comando elettronico con il sistema di iniezione elettronica sequenziale multi-point. Grazie a questa tecnologia Suzuki vince l’Innovation Award NMMA per la seconda volta. Anche in questo caso i due modelli hanno in comune il monoblocco a quattro cilindri per 1.298 cc di cilindrata.

L’anno seguente, nel 1998, è la volta dei primi motori fuoribordo Suzuki DF40 e DF50, sempre a 4 tempi con DOHC a 12 valvole, che permettono a Suzuki di vincere per la terza volta l’Innovation Award NMMA.

Suzuki 60 Anniversary.

Nel 1999 inizia la produzione presso Thai Suzuki e la produzione dei modelli piccoli fino a 30 cv viene trasferita in Thailandia.

Gli anni Duemila, arriva il 300 cv e l'innovativo sistema Suzuki Lean Burn

Nel 2003 Suzuki vince per la quarta volta l’Innovation Award NMMA al Miami International Boat Show con il DF250, il primo fuoribordo V6 a 4 tempi di 3.614 cc.

Tempo tre anni e, nel 2006, viene lanciato il primo motore da 300 cavalli a 4 tempi al mondo, il DF300, V6 di 4.028 cc che utilizza il sistema di comando elettronico e fa vincere a Suzuki per la quinta volta l’Innovation Award NMMA.

Nel 2008 Suzuki introduce i primi fuoribordo DF70A, DF80A e DF90A dotati del sistema #consumameno (Suzuki Lean Burn), una tecnologia che calcola l’esatta quantità di carburante da utilizzare in base alle condizioni di esercizio, consentendo al motore di funzionare in regime di combustione magra, ottimizzando così la miscela benzina-aria.

Gli anni Duemiladieci, un'altra innovazione: il piede Suzuki Selective Rotation

All’inizio del nuovo decennio, Suzuki si impegna per la prima volta in un’attività di pulizia del territorio a livello mondiale, iniziando dal Lago Sanaru, il luogo dove è stato sviluppato il primo motore fuoribordo D55.

Del 2011 è il lancio del DF300AP, il primo fuoribordo al mondo dotato di tecnologia Suzuki Selective Rotation. Il suo piede è infatti in grado di ruotare in entrambi i sensi di rotazione a seconda delle esigenze di installazione.

Sempre nel 2011 i DF40A e DF50A vengono premiati con l’Innovation Award NMMA,il sesto per Suzuki, perché sono i motori più leggeri e compatti della loro categoria.

Nel 2012 sono lanciati i fuoribordo DF15A e DF20A, i primi modelli a iniezione senza batteria nella loro categoria e, nello stesso anno, Suzuki vince il settimo Innovation Award NMMA.

Riconoscimento che Suzuki conquista per l’ottava volta nel 2014 con i nuovi DF25A e DF30A, premiati perché ipiù compatti e leggeri della loro categoria.

Del 2017 è la presentazione del DF350A, un motore V6 a 4 tempi da 350 cv e 4.390 cc di cilindrata. È il top di gamma e introduce la tecnologia #afferrailmare (Suzuki Dual Prop), unica nei fuoribordo, un sistema di propulsione a doppie eliche controrotanti che assicura una maggiore spinta e che ha consentito a Suzuki di aggiudicarsi il nono Innovation Award NMMA.

Suzuki ottiene inoltre l’inserimento nella Top Products per la terza volta, dopo il riconoscimento del 2015 per il DF200AP, che ha seguito quello del 2014, dei DF25A e DF30A.

Duemilaventi: Suzuki ai giorni nostri e il Suzuki 60 Anniversary

Nel 2020 viene avviato il progetto Suzuki Clean Ocean Project, ampliando le attività di conservazione ambientale come “Campagna di Pulizia del Mondo”, “Riduzione dell’Imballaggio in Plastica” e “Raccolta di Micro-Plastiche Marine”.

Nel 2021, i DF115BG e DF140BG, 4 tempi a quattro cilindri di 2.045 cc di cilindrata, sono i primi modelli al mondo nella loro categoria con tecnologia Drive By Wire che unisce performance a facilità di utilizzo.

Nel 2022, Suzuki introduce la tecnologia #lavalacqua (Suzuki Micro-Plastic Collector) sui fuoribordo DF100C, DF115BG, DF115B, DF140BG e DF140B. Un filtro permette di raccogliere le microplastiche nel mare durante la navigazione attraverso il circuito di raffreddamento del motore. Per questa tecnologia Suzuki vince durante il Salone Internazionale di Genova il premio Design Innovation Award per la decima volta.

Suzuki 60th Anniversary.
Suzuki DF250 KURO

È del 2023 il lancio del DF250 Kuro, un nuovo modello dai dettagli stilistici e tecnologici all’avanguardia, caratterizzato da un’inedita livrea Matte Black e da una nuova calandra progettata per contenere un diverso sistema di immissione e filtraggio dell’aria necessaria alla combustione.

Nel 2024, con il lancio della nuova Stealth Line, caratterizzata dalla livrea Matte Black e dalla tecnologia all’avanguardia, la serie si amplia ai fuoribordo Suzuki DF115B, DF140B, DF150A, DF200A, DF300AP e DF350AMD.

La novità del 2025 è il nuovo fuoribordo Suzuki DF200, V6 da 200 cv, che si aggiudica il Boating Industry Top Products Award.

Suzuki 60th Anniversary.

Il raid celebrativo Suzuki 60 Anniversary

Come raccontato all’inizio, i 60 anni dei fuoribordo Suzuki sono stati celebrati con il Suzuki Raid 60 Anniversary, un evento basato sulla navigazione continuativa per sessanta ore Tre giorni senza mai spegnere i motori, in un evento articolato fra navigazione e sfide a squadre, con tappe a sorpresa e prove tecniche a bordo di due gommoni Focchi di 6 metri (realizzati con una speciale livrea beige e bordeaux, ispirata a quella del D55, il primo fuoribordo Suzuki) e spinti ciascuno da un fuoribordo Suzuki DF60A da 60 cavalli.

L’evento di Palermo ha coniugato celebrazione tecnica e spirito di squadra. I partecipanti sono stati divisi in due squadre che si sono sfidate fra loro. Da sottolineare che la Squadra A che comprendeva, oltre al sottoscritto, anche Carlo Luongo, noto influencer di The Sea Team ma pure valente collaboratore di Boatmag, è stata quella che alla fine è risultata vincitrice, seppur di misura.

Ma quello che è più importante rimarcare è come i due fuoribordo, durante le 60 ore di navigazione continuative, hanno percorso un totale di 1.214 miglia con consumi davvero ottimi: in media circa 2,41 miglia/litro oppure, se preferite, 0,41 litri/miglio nautico.




Il primo pensiero quando Salvatore Ranieri mi propone di provare il nuovo Ranieri Cayman 19 Sport è stato: “Ma che bisogno c’era di cambiare un modello che andava già molto bene nel suo segmento?”. Poi lo vedo ormeggiato al pontile sulla spiaggia di Soverato e non cambio idea: anzi, per essere sincero, la livrea bianca e nera delle origini mi era sempre piaciuta molto e qui non la ritrovo più.

Però la fiducia nelle capacità del cantiere, le cui barche e gommoni li ho provati quasi tutti, e la curiosità di testare il binomio senza patente Cayman 19 Sport (5,95 m)-Suzuki DF40A Ari RR mi hanno fatto passare oltre per lasciare il pontile fiducioso che anche questa volta Ranieri International (e Suzuki) mi avrebbero convinto.

Leggi anche la nostra prova del Ranieri Cayman 33.0 Executive

Ranieri Cayman 19 Sport.

Il Ranieri Cayman 19 Sport messo alla prova

L'accoppiamento con il Suzuki DF40A ARI RR è sicuramente una delle soluzioni migliori per esaltare le doti di questo gommone dedicato a tutti quelli che non hanno la patente, ai quali, seppur con il limite dei 40 cv, non viene negata l’ebbrezza della velocità a oltre venti nodi o, più semplicemente, il piacere di planare a una buona andatura anche a pieno carico, ipotesi per altro più probabile.

Queste considerazioni le vedo confermate nel momento in cui affondo la manetta: la progressione è ottima, soprattutto considerando le condizioni del mare non certo favorevoli, dato che ci oppongono vento forte e onda corta e secca. La sensazione è subito positiva: il motore spinge bene e la carena fa il resto, davvero una bella accoppiata.

Ranieri Cayman 19 Sport.

A bordo siamo due persone con 80% di benzina (84 litri) e zero di acqua: nonostante il mare e il vento abbiamo toccato agevolmente una velocità di punta di 23 nodi a 6200 giri con un leggero intervento di trim, senza esagerare però, perché poi va in cavitazione l’elica. Ottimo il consumo: 21 litri/ora!

Supponendo una navigazione più tranquilla, verifico la planata minima che si fissa a 3.800 giri per 11 nodi, con un consumo di 7,2 litri/ora. Un dato interessante anche se, come spesso succede, la velocità economica di crociera, si colloca più in prossimità dei 20 nodi tra i 5000 e i 5500 giri, cosa che comunque non fa segnare significativi aumenti dei consumi, ed è tutto un altro navigare.

Vuoi saperne di più del Suzuki DF40A ARI RR? Leggi qui

Molte novità negli allestimenti a bordo

Il Cayman 19 Sport è stato un po’ l’antesignano dei gommoni di Ranieri International e qui lo ritroviamo dopo anni, e dopo il grande successo commerciale di tutta la gamma Cayman, con una nuova livrea.

Panoramica sul pozzetto.

Di diverso c’è da sottolineare il nuovo taglio degli inserti di vetroresina e il cambio delle colorazioni. Ai fini dell’uso pratico è sicuramente apprezzabile la console più grande, con un diverso sistema stand-up della seduta e il divanetto di poppa trasformabile in un piccolo prendisole.

In navigazione ho modo di apprezzare la nuova plancia che, benché essenziale come giusto che sia su un gommone di queste dimensioni, è alla prova dei fatti ergonomica, e anche il parabarezza risulta protettivo quello che serve, in particolare in una giornata ventosa come quella che mi trovo ad affrontare: tutto sommato sono rientrato abbastanza asciutto e questo è già un ottimo risultato.

Utile anche il tubo inox a proteggere il plexiglass e al contempo a fornire un solido tientibene. Promossa anche la nuova seduta comoda e pratica in entrambe le posizioni.

Pozzetto.

Il prendisole prodiero, oltre a nascondere una buona dotazione di gavoni, è estensibile con una prolunga fino alla consolle, offrendo quindi una superficie utile di tutto rispetto. Lo stesso dicasi del divanetto poppiero che trovo più apprezzabile nella posizione canonica, ma se la richiesta a bordo di solarium è elevata, eccolo pronto a trasformarsi abbattendo la spalliera.

Sulla lavorazione e qualità dei materiali non ci sarebbe neppure la necessità di soffermarsi trattandosi di un Ranieri International, ma un apprezzamento è d’obbligo e poi, alla fin fine, pure la nuova colorazione riesce a non far rimpiangere l’originale bianco/nera.

In chiusura un’ultima considerazione: sapendo che, in questa particolare congiuntura del mercato nautico, il segmento in cui si inserisce il nuovo Ranieri Cayman 19 Sport è tra quelli più in sofferenza, a mio avviso è ancora più ammirevole la scelta di Ranieri International di saper comunque guardare avanti e offrire prodotti evoluti indipendentemente che siano tanti o pochi gli acquirenti, oltre al fatto di farsi trovare pronta quando la domanda tornerà sostenuta.

Ranieri Cayman 19 Sport.

La scheda tecnica

Lunghezza f.t.5,95 m
Larghezza2,55 m
Diametro tubolari0,60 m
Compartimenti5
Dislocamento550 kg
Serbatoio carburante105 l
Serbatoio acqua45 l
Portata persone12
Motorizzazione massima40/140 cv
Omologazione CeCat. B

Prestazioni del Ranieri Cayman 19 Sport col Suzuki DF40A Ari RR

Regime motori (giri/min)Velocità (Nodi)Consumi (litri/ora)
8002,10,6
1.0002,70,9
1.5004,01,4
2.0004,92,6
2.5005,43,7
3.0005,75,1
3.5007,66,8
4.000107,7
4.5001611
5.0001914
5.5002116
6.0002220
6.1002321

Clicca ed entra nel sito ufficiale di Ranieri International


Nembro e Albino, nella bergamasca Val Seriana a pochi chilometri dal capoluogo, sono balzati agli onori della cronaca per la tragedia del Covid che qui ha colpito molto duramente, ma in realtà meritano attenzione per molto altro.

Per esempio, proprio a pochi passi dalla sede della nuova Solemar, sorge la Persico dove, oltre a tanti particolari in carbonio per le barche di molti team di F1, si è prodotto anche lo scafo di Luna Rossa.

Tutto questo per ricordare che quella bergamasca è un'imprenditorialità tanto solida e attenta alle innovazioni quanto lontana dai riflettori.

Solemar.

Non fanno eccezione i tre appassionati investitori che hanno fortemente voluto rilanciare Solemar: tutti sono impegnati in diversi ambiti, dall’immobiliare all’edile alle energie rinnovabili, ma hanno voluto dare sfogo alla loro passione, e anche al loro business, rilevando un cantiere che ha avuto un ruolo di spicco nello scrivere, tra i rib, la storia della nautica italiana.

Per farlo hanno scelto a capo della nuova impresa un giovane (32 anni) ingegnere navale spezzino, figlio d’arte, con un padre da sempre impiegato nel cantiere Benetti, dove lo stesso Francesco Ribolini ha mosso i primi passi dopo la laurea e un master in progettazione navale.

Solemar.

A quell’esperienza è seguita la Tecnomar, dove si è occupato soprattutto di costruzioni di alluminio, mentre per approfondire le sue competenze nella lavorazione della vetroresina sono stati fondamentali i successivi cinque anni presso il cantiere Sessa. Il tutto prima di assumere, ormai da oltre un anno, l’impegnativo ruolo di direttore tecnico dalla nuova Solemar.

Solemar, una lunga storia che ha ripreso smalto con una nuova imprenditorialità

Francesco Ribolini.

Troviamo Francesco Ribolini nei raffinati uffici Solemar di Nembro e lasciamo che sia lui a raccontare gli anni più recenti della rinata azienda: “La nuova Solemar ha ripreso la sua storia a fine del 2023, dopo che con una lunga trattativa durata quasi due anni la nuova compagine societaria ne ha raggiunto il controllo. Da quel momento è iniziata la ristrutturazione, puntando su ciò che di consolidato - ed era molto - ci arrivava dalla precedente gestione tecnica. Al contempo eravamo consci che dovevamo dare un segnale di stacco dal passato e subito la nostra attenzione si è concentrata sui tre modelli della gamma SX, fondamentalmente degli open, dove siamo intervenuti con una rivisitazione del design della coperta, con una particolare attenzione alle finiture e agli accessori, così da dare subito l’immagine del cambio di passo. L’obiettivo è collocarci nella fascia alta del mercato, fin da questi modelli di un segmento che potremmo definire medio”.

Brevemente, i tre modelli della gamma SX partono dal SX27 di 8,50 metri, il classico open che però a un’attenta osservazione delinea già quelle che sono le caratteristiche salienti della nuova produzione: qualità dei materiali, attenta lavorazione, un design moderno e funzionale, accessori di pregio.

La gamma SX sale poi con l’SX30 di 9,23 metri e si completa con l’SX34 di quasi 11 metri. Tutti sono rigorosamente fuoribordo, perché il cantiere ha avviato una collaborazione con Mercury, anche se poi rimane libera per gli armatori la decisione finale sulla motorizzazione da adottare.

Leggi anche: Solemar SX30, un gommone di 9 metri molto particolare per stile e progettualità

Solemar SX 30.

La nuova gamma dei cabinati "SE"

“Con questi tre gommoni open della serie SX abbiamo partecipato nel 2022 ad alcuni saloni italiani, in primis Genova, con ottimi riscontri - prosegue Francesco Ribolini -, ritrovando tanti appassionati di questo brand che hanno salutato con entusiasmo il suo ritorno sul mercato. La stessa cosa è scuccessa lo scorso anno, che però è stato caratterizzato anche dal debutto della gamma di cabinati, da sempre un tratto distintivo di Solemar, che è stata antesignana nel proporre questa tipologia di gommoni, agli albori per il campeggio nautico e poi con soluzioni più raffinate per le crociere. La serie SE, dove la E sta per elegance, è di fatto la nuova gamma del cantiere e l’emblema del suo nuovo corso: il primo modello è stato l’SE33, presentato ai saloni di Venezia e Genova, a cui seguirà quest’anno l’SE42, la nostra ammiraglia, declinata anche in versione entrobordo che prevediamo di far debuttare al prossimo Cannes Yachting Festival”.

Leggi anche: Solemar SE33, la buona progettazione al servizio della crociera comoda e del bel look

Solemar SE 33.

La nuova struttura di Solemar

Naturale chiedere come è strutturata la nuova Solemar, ed ecco la risposta: “La produzione della vetroresina e l’assemblaggio dei tubolari sono sempre eseguiti presso il cantiere estero già in precedenza fornitore - spiega Francesco Ribolini -. A questo proposito è importante ricordare che nell’intervento di restyling siamo intervenuti solo sulla coperta e dotazioni di bordo, ma le carene e la struttura degli scafi restano quelli dei precedenti modelli, non era infatti il caso di andare a modificare quelli che sono sempre stati dei plus dei Solemar, come ampiamente riconosciuto da addetti ai lavori e diportisti. La finitura, cioè l’impiantistica e il montaggio di tutti gli accessori e, nel caso dei cabinati, anche degli interni di falegnameria, sono tutti curati nel cantiere che è stato allestito ad Albino, proprio in prossimità del nostro nuovo showroom”.

Capacità e solidità economica, sono queste le solide basi da cui la nuova Solemar vuole ripartire per continuare a scrivere la sua storia. Non è certo l’entusiasmo che manca, lo si percepisce non solo dalla determinazione di Francesco Ribolini, ma da tutto l’entourage che lo attornia. Basta poi dare un’occhiata anche distratta ai modelli nello showroom, per capire che tutto quanto enunciato da Ribolini ha già trovato la sua finalizzazione. Immaginare una nuova narrazione di successo della nautica italiana non ècertamente azzardato.


Clicca ed entra nel sito ufficiale di Solemar per scoprire i dettagli di tutti i gommoni in produzione


Non un nuovo cantiere, ma un cantiere che ritrova la sua missione a distanza di oltre mezzo secolo. Sto parlando di Bellini Yachts e la sua opera prima in tempi contemporanei, il Bellini Astor 36, una barca open di 11,30 metri.

Infatti già negli anni Sessanta Battista Bellini, il fondatore dell'attività nautica di famiglia, costruiva già delle belle barche in legno e in diversi modelli, prima che la sua prematura scomparsa ne interrompesse la produzione.

Romano, Battista e Martina Bellini.
Al centro, Romano Bellini con i figli Battista e Martina.

Fortunatamente la passione è rimasta nel figlio Romano, che l’ha concretizzata mettendo insieme la più completa e preziosa collezione di Riva classici (quelli in legno per intenderci), che neppure il dirimpettaio cantiere Riva possiede, e a sua volta l'ha trasmessa ai figli Battista e Martina, che hanno voluto riprendere la vocazione del nonno e quindi tornare a costruire barche.

Una barca speciale nata da personaggi speciali

Come se non bastasse la tradizione e l'esperienza dei Bellini, al loro fianco si sono posti altri due nomi che sono più di una garanzia: Norberto Ferretti e Brunello Acampora.

Ferretti è noto non solo per aver dato il nome e aver fatto crescere uno dei più importanti e prestigiosi cantieri italiani, che proprio sotto la sua direzione ha acquisito e fatto rinascere il mito Riva, ma è conosciuto anche come campione del mondo offshore, quando questa specialità era al suo massimo livello e, ultima caratteristica non certo trascurabile, è uomo di mare che vive le barche e sa come devono essere.

Bellini Astor 36.

Acampora ha dalla sua il fatto di essere cresciuto alla scuola di un maestro come Sonny Levi (se non sapete chi è trovate su questo sito alcuni suoi scritti) e poi ha proseguito nel suo percorso professionale sviluppando un proprio stile votato alla bellezza ma anche alla performance, come testimoniano le sue collaborazioni con i più prestigiosi cantieri.

Una lunga premessa per far capire perché il Bellini Astor 36 non è semplicemente una nuova barca ma è una barca speciale.

Bellini Astor 36.

Il test del Bellini Astor 36

La patria di tutta questa bella storia è il lago d’Iseo e il primo test stampa del nuovo Bellini Astor 36 non poteva che essere il Sebino (si chiama anche così) che, per non smentire la fama dei laghi lombardi che con il meteo non vanno sempre d’accordo, ci regala una giornata autunnale fredda e con il lago piatto come una tavola. Non certo la condizione ideale per mettere alla prova la carena del nuovo Bellini Astor 36.

Reduce da Cannes dove ha raccolto tanti consensi, il Bellini Astor 36 è in acqua da un po’ di giorni e la carena non è propriamente pulita, certamente non nelle condizioni ideali per un test. A questo aggiungiamo che a bordo siamo in nove giornalisti, c’è il pieno di acqua (150 l) ma non di carburante (10%, quindi 70 litri) quel che basta per la prova.

Bellini Astor 36.

Non trascurabile è poi il fatto che la barca è stata finita di corsa per essere portata a Cannes e la messa a punto di eliche e assetto è probabilmente stata un po’ tralasciata.

Nonostante questo la prima sensazione è buona. La progressione garantita dai due Volvo Penta V8 a benzina di 350 cv l’uno è buona ma non bruciante, in compenso al timone la percezione di grande controllo è assoluta.

Tocchiamo i 38 nodi di velocità di punta a 5.600 giri, ma con carena pulita Battista Bellini ci dice che nei primi test si erano raggiunti i 42 nodi, una giusta prestazione per una barca come il Bellini Astor 36, che non vuole certo fare delle doti velocistiche il suo punto di forza.

In compenso le virate strette possono essere affrontate anche a 32 nodi, con una piacevole sensazione di sicurezza e una sbandata molto contenuta per il piacere degli ospiti meno sportivi.

La sensibilità ai trim è minima e, se si esagera, addirittura le prestazioni velocistiche ne risentono, insomma l’impressione è che le eliche non siamo ottimali per questa barca, ma è un problema di sicuro risolvibile, perché è solo questione di messa a punto.

Bellini Astor 36.

Altre annotazioni: la planata minima è tenuta a 14 nodi e 3200 giri, mentre l’accelerazione fa fermare i cronometri a 7 secondi per essere in planata e 37 secondi per raggiungere la velocità di punta.

Purtroppo l’indicatore dei consumi non è collegato e quindi stabilire una velocità economica di crociera diventa complesso, ma non è difficile immaginare che si collochi attorno ai 4 mila giri a circa 22/23 nodi.

A proposito di consumi e quindi di motorizzazioni, l’alternativa offerta per il Bellini Astor 36 ai V8 a benzina da 350 cv è costituita da un’altra coppia di Volvo Penta D4 turbodiesel, sempre con piedi poppieri, per una potenza di 300 cv.

Cala motori.

Una versione fuoribordo per ora non è prevista, ma sarà valutata più avanti anche a fronte delle eventuali richieste soprattutto dal mercato americano.

A bordo del Bellini Astor 36

La qualità delle finiture è la prima cosa che si apprezza salendo a bordo del Bellini Astor 36. Si intuisce la passione di chi restaura splendidi Aquarama e, del resto, l’allestimento della barca è realizzato nell’atelier proprio di fianco al capannone che ospita il restauro dei Riva classici e il loro Museo. Per la cronaca, la stampata di vetroresina è invece realizzata a Fano.

Clicca qui per scoprire di più sul museo dei Riva classici di Bellini Nautica

Il layout del Bellini Astor 36 non si discosta molto dalle tendenze di questo tipo di barca, con il grande solarium centrale a poppa a nascondere una sala macchine di grande pulizia e con lo spazio per accogliere varie dotazioni.

Prendisole e dinette poppiera.

La testiera del prendisole è basculante così da diventare anche lo schienale della seduta della dinette che presenta un tavolo fisso in altezza, ma estensibile in larghezza, così da accogliere un buon numero di ospiti.

Bellini Astor 36.

La caratteristica saliente di questa area sono però le due sponde abbattibili, che portano la larghezza utile finale a circa sei metri, un’autentica spiaggia. Alzate in navigazione sono in compenso molto protettive e il largo passavanti permette di arrivare a prua in tutta sicurezza, anche in condizioni di navigazione ben più difficili di quelle che abbiamo incontrate nella nostra prova.

In effetti, già di base il Bellini Astor 36 si presenta più largo rispetto alla media delle barche di questa categoria, con un baglio massimo di 3,90 metri.

Proseguendo verso prua, protetti dall’hardtop (che però è optional, uno dei pochi, perché quasi tutto su questa barca è di serie), c’è l’angolo cottura che per essere operativo richiede l’abbattimento di due delle tre sedute di fronte alla plancia, l’unica fissa è quella del driver come è giusto che sia.

Cucina.

Siamo quindi alla plancia che, come ormai consuetudine, si presenta con un display a tutta larghezza piacevole nel design e ricco di informazioni.

Postazione di comando.

Voglio spendere una nota di merito per l’hardtop dal design profilato e per niente invasivo rispetto alla linea del Bellini Astor 36 che, di suo, presenta un’opera morta piuttosto importante e massiccia soprattutto verso prua.

Bellini Astor 36.

Ben strutturata è anche la zona prodiera, dove il walkaround del Bellini Astor 36 si completa con un altro prendisole di dimensioni ridotte per permettere il comodo passaggio, ma anche accogliere un comodo divanetto frontemarcia che apre a una seconda area conviviale.

Prendisole di prua.

Come a poppa, anche questa zona è previsto possa essere protetta dal sole con dei tendalini sostenuti da appositi pali in carbonio, quindi facili e veloci da installare e anche da smontare, senza che restino antiestetiche strutture a vista.

Altrettanto accogliente è anche il ponte sottocoperta, sviluppato con il classico letto matrimoniale centrale a prua e una seconda cuccetta doppia ricavata sotto il pozzetto.

Cabina dell'Astor 36.

Bello e abbastanza spazioso è il bagno con box doccia separato, che su queste misure non è così scontato. Si potrà obiettare che manca una dinette coperta, magari ottenuta da una trasformazione del letto matrimoniale, ma al momento (stranamente) non è prevista.

Bagno del Bellini Astor 36.

Tutto sommato, comunque, sono gli interni che mi aspettavo, considerando l’eccellente finitura e il design curato di tutto il Bellini Astor 36. Da nativo del Lago d’Iseo lo posso affermare con orgoglio: il “mio” lago ha di nuovo una grande cantiere!

I numeri del Bellini Astor 36


Scheda tecnica

Lunghezza f.t.11,30 m
Larghezza3,90 m
Dislocamento7,35 t
Serbatoio carburante700 l
Serbatoio acqua150 l
Portata persone8
Motori2x350 cv Benzina o 2x 300 cv Diesel
Omologazione CeCat. B - C

Prestazioni

Regime motori (giri/min)Velocità (Nodi)
6502
1.0005
1.5007
2.0008
2.50010
3.00013
3.50018
4.00023
4.50030
5.00034
5.60038

Clicca ed entra nel sito ufficiale di Bellini


A un anno di distanza rieccomi a bordo del Capelli Tempest 900 o, se preferite, T900 come viene spesso abbreviato. Di giudizi su questo rib se ne sono già scritti a profusione e per una più approfondita conoscenza rimandiamo all’articolo di presentazione al link qui sotto.

Yamaha 350 V6.

Più interessante semmai è fare un confronto tra le due motorizzazioni, Yamaha 350 V6 e Yamaha XTO 400 V8, che immaginiamo possano essere utili come elemento di valutazione prima di passare alla decisione d’acquisto del gommone, ma soprattutto della motorizzazione.

Una delle prime discriminanti è il prezzo: a partire da 44.169 euro (Iva compresa) per lo Yamaha 350 V6 e da 57.779 euro, sempre con Iva, per lo Yamaha XTO 400 V8. Io non avrei dubbi, anche alla luce del confronto tra i dati delle due prove.

Scopri qui tutti i segreti del Capelli Tempest 900

Yamaha 350 V6 vs Yamaha XTO 400 V8

A La Spezia la giornata è fredda e piovosa. A bordo siamo in quattro ma, per uniformità del confronto, riporto i dati del “Performance Bulletin” (peraltro abbastanza allineati alle mie rilevazioni) redatto dai tecnici Yamaha qualche giorno prima con un meteo più favorevole.

Capelli Tempest 900 con uno Yamaha 350 V6.

Il nostro Tempest 900, ma soprattutto il suo Yamaha 350 V6, è corredato da un’elica Salt Water II 15 ½ x 18, una scelta frutto di vari confronti e quindi immagino ottimale. Come dicevo le prestazioni nella progressione dal minimo con marcia inserita fino alla velocità massima raggiunta a 5.900 giri/min a 42 nodi sono simili a quelle riportate nel documento Yamaha, che è quello trascritto nella tabella sotto con, a fianco, il confronto diretto con quelle raccolte un anno fa con l’XTO 400.

Colgo l’occasione anche per rilevare il minimo di planata del Tempest 900 con lo Yamaha 350 V6, che è tenuto a circa 2.900 giri/min a 16 nodi con un consumo di 23,4 l/h, un buon dato che fa collocare la velocità economica di crociera tra i 3.000 e i 3.500 giri, quindi tra i 16 e i 22 nodi, consumando da 25 a 31 l/h.

Non bruciante ma comunque buona l’accelerazione: 7 secondi per entrare in planata e 10 secondi per raggiungere i 30 nodi.

Per addentrarci nel confronto tra lo Yamaha 350 V6 e l’XTO 400 mi limito a notare come i dati siano incredibilmente simili con qualche risparmio sui consumi, più marcato ai bassi e medi regimi, e 3 nodi di velocità di punta in meno.

Dal punto di vista delle sensazioni al timone, fermo restando che il ricordo di un anno fa è un po’ appannato, non posso che promuovere a pieni voti la piacevole progressione che lo Yamaha 350 V6 riesce a dare al Tempest che, dal canto suo, si conferma un eccellente gommone.

Se vuoi saperne di più sul test dello scorso anno degli Yamaha XTO V8 da 400 e 450 cv leggi qui

Capelli Tempest 900 con uno Yamaha 350 V6.

Yamaha 350 V6 e Capelli Tempest 900 la coppia perfetta

Come detto il meteo nei test Yamaha di La Spezia è stato decisamente inclemente: freddo e pioggia battente che ci hanno però permesso di mettere alla prova quanto protettivo fosse l’hardtop e il relativo parabrezza del Capelli T900.

Test perfettamente riuscito considerando quanto asciutto fossi al rientro in porto. Anche le sedute per il pilota e il copilota e in generale la postura della zona di comando e relativa plancia sono risultati ottimali a conferma che il Tempest 900 si può collocare sicuramente tra le prime scelte in questa fascia di misure.

Vuoi conoscere tutto sulla tecnologia dello Yamaha 350 V6, leggi qui

Capelli Tempest 900 con uno Yamaha 350 V6.

La scheda tecnica del Capelli Tempest 900

Lunghezza f.t.9,62 m
Larghezza3,25 m
Dislocamento in prova2.886 kg (3.000 kg)
Serbatoio carburante350 l (394 l)
MotorizzazioneYamaha 350 V6 1x350 cv
Persone imbarcabili18
(tra parentesi i numeri della versione con lo Yamaha XTO 400)

Le prestazioni dello Yamaha 350 V6 a confronto con lo Yamaha XTO 400 sul Capelli Tempest 900

RegimeVelocità (nodi)Consumi (litri/nm)
6002,8 > 2,00,9 > 1,7
1.0004,8 > 4,61,0 > 1,4
1.5007,0 > 6,51,2 > 1,6
2.0009,7 > 8,41,4 > 2,1
2.50013 > 141,4 > 1,7
3.00017 > 191,5 > 1,7
3.50022 > 241,5 > 1,7
4.00028 > 291,7 > 2,0
4.50031 > 331,8 > 2,1
5.00035 > 372,2 > 2,4
5.50039 > 412,7 > 2,7
5.90042 > 452,7 > 2,8

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Siamo a Soverato, sede di Ranieri International, ma anche nell’accogliente rimessaggio a mare, sede del centro test del cantiere. Oggetto dell’incontro è la prova in anteprima dei nuovi Cayman 33.0 Executive e Next 255 LX, e di loro parleremo anche con Salvatore Ranieri.

Ma l’occasione è troppo ghiotta per non stuzzicare uno degli imprenditori che negli ultimi anni si sono distinti per intuito e lungimiranza sui nuovi scenari che si prospettano, e in parte stiamo già vivendo, del mercato nautico.

Un giusto ridimensionamento

“Il mercato sta vivendo un giusto momento di ridimensionamento per tornare a livelli che erano i suoi - entra subito nel merito Salvatore Ranieri -. Dopo l’euforia del periodo post-Covid era immaginabile un ridimensionamento perché avevamo di fronte un mercato drogato dalla voglia di libertà che ci aveva travolto dopo quei mesi di chiusura totale. La gente aveva voglia di ritornare a divertirsi, di ‘rinascere’ e investire quei soldi che aveva risparmiato nei giorni del lockdown, ma anche in precedenza. E cosa c’era meglio di una barca per rispondere a questo voglia di ‘godersi la vita’?”

“Oggi questo entusiasmo consumistico non mostra rallentamenti nella fascia alta del mercato nautico - prosegue Salvatore Ranieri -, ma altrettanto non si può dire della fascia medio-bassa. Le motivazioni sono tante: dal generalizzato aumento del costo della vita, che però è un dato complessivo che colpisce ‘anche’ la nautica, alle scarse opportunità di utilizzo della barca che ‘smonta’ gli entusiasmi di alcuni neofiti. La barca non è un camper che basta girare la chiave e guidarlo come l’auto, richiede alcune competenze e poi non è sempre sotto casa, problema soprattutto per chi vive nell’entroterra e nelle grandi metropoli, in genere proprio quelli che hanno maggiori disponibilità economiche. Ciò non toglie che, per mia esperienza personale che sto verificando anche in questi giorni nel pieno della stagione estiva, chi la barca ce l’ha non vuole venderla, semmai sono i nuovi che hanno qualche incertezza in più, complice anche l’aumento delle tariffe degli ormeggi e in generale dei costi di gestione”.

Noleggio e piacere del possesso

Una soluzione in grande espansione per rispondere alla voglia di barca è il noleggio che può rappresentare un primo passo verso un futuro acquisto. “Commercialmente il noleggio riveste per noi cantieri un ruolo importante per due motivi - conferma Salvatore Ranieri -, da un lato assorbe una parte della nostra produzione, dall’altro avvicina alla nautica nuovi appassionati che poi possono anche decidere di passare dall’affitto all’acquisto. In pratica l’uno non esclude l’altro, ma anzi può essere un incentivo a far crescere la voglia di barca”.

Noleggiarla è comodo perché ti solleva da una serie di costi di gestione - ricorda Salvatore Ranieri -, il piacere del possesso è però impagabile perché ti permette di organizzare a bordo tutte le tue comodità, sapere che la barca è sempre pronta senza prenotazioni o, nei periodi di punta, ricerche affannose: basta andare in porto e girare la chiave. Poi spesso il possesso della barca dei propri sogni segna il raggiungimento di un obiettivo di vita, è motivo di orgoglio e un segnale di status: è mia perché me la sono sudata”.

I nuovi Ranieri International Cayman 33.0 Executive e Next 255 LX

E cosa c’è di meglio per rispondere a questa ‘voglia di barca’ che due nuovi modelli equamente divisi tra gommone e daycruiser tradizionale? “Il Cayman 33.0 Executive - spiega Salvatore Ranieri - è un modello che va a coprire una fascia di mercato molto importante dove non avevamo un modello specifico. In pratica si inserisce tra il 35’, che per le dimensioni ha un costo maggiore, impegnativo per molti, e il 28’ che, al contrario, spesso è troppo piccolo per molte esigenze. Il nostro 33’ è direttamente derivato dall’esperienza dell’ammiraglia Cayman 45.0 Executive, un modello di grande successo, da cui ha ereditato le performanti linee di carena a doppio redan. Ma il meglio sta in coperta dove siamo riusciti ad avere un unico piano di calpestio da poppa a prua con un solo piccolissimo gradino all’altezza della plancia e doppio passaggio su entrambi i lati. Grande l’abitabilità con un prendisole prodiero dove, senza ridurne le dimensioni, abbiamo aggiunto una chaise longue fronte marcia, mentre in pozzetto la dinette è accogliente e ampiamente accessoriabile. Siamo molto orgogliosi poi del ‘fly top’, quindi non un semplice hardtop ma molto di più, per robustezza, design e capacità coprente perché, sull’esperienza del mercato americano, la nuova tendenza è la domanda di ampie zone ombreggiate. Grande attenzione anche all’elettronica con una plancia semplice e razionale, grazie anche ai display Simrad NSX Ultrawide e alla K-Card che permette di ‘accendere’ la barca come si accede alla stanza d’albergo, un’esclusiva di Ranieri International, importante anche per la sicurezza contro i furti. Una citazione anche per gli interni con un bagno ad altezza d’uomo e due cabine per quattro ospiti”.

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“Stesso discorso anche per Next 255 LX, una misura che si inserisce tra il 275 LX presentato lo scorso anno da cui riprende lo stile e il conosciuto 240, rispetto al quale fa pesare la maggiore abitabilità legata alle dimensioni ma anche alle soluzioni che abbiamo sviluppato a bordo - racconta Salvatore Ranieri -. Quindi tutta la coperta su un unico livello, un’accogliente cabina con due posti letto comodi e toilette separata. La carena è la nostra terza generazione monoredan, il prendisole ha sempre il divanetto fronte marcia e il pozzetto può essere allestito con sedute di fronte alla plancia oppure con due poltroncine girevoli a creare una grande dinette sfruttando anche le sedute ribaltabili laterali”.

Scenari futuri? Siamo pronti!

“Tornando agli eccessi post-Covid - risponde sicuro Salvatore Ranieri -, uno degli effetti negativi è stata anche la confusione sulle proposte commerciali, tutti volevano la barca e l’attenzione sulla qualità dei prodotti offerti passava qualche volta in secondo piano. Se quindi un aspetto positivo va individuato nel periodo che stiamo vivendo è un po’ di chiarezza e oculatezza nelle scelte che porterà sicuramente ad apprezzare maggiormente la qualità dei prodotti, che poi vuol dire affidabilità, comfort di navigazione, sicurezza e, non certo ultimo in ordine di importanza, tenuta dell’investimento: un Ranieri International sarà sempre una barca quotata e ricercata sul mercato dell’usato”.

“Per mantenere la nostra posizione di primato - conclude Salvatore Ranieri -, faremo quello che abbiamo sempre fatto: innovare. Innovazione in termini tecnologici e di design, che poi significa migliorare l’abitabilità e il comfort di bordo. Seguiremo un po’ le mode, come la prua dritta, ma anche lo sviluppo dell’elettronica con soluzioni come la nuova K-Card che sarà estesa a tutta la gamma. I Ranieri International Cayman 33.0 Executive e Next 255 LX saranno i nostri ‘cavalli di battaglia’ nei prossimi saloni autunnali, da Cannes a Genova. Siamo fiduciosi e desiderosi di incontrare i nostri clienti e nuovi interlocutori, con la certezza di proporre loro due modelli dal grande futuro”.


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