I 100 anni del Cantiere Nautico Feltrinelli: tutto iniziò con un trasloco
āLāanniversario di un traslocoā cosƬ Mauro Feltrinelli definisce la celebrazione di questa lunga storia del Cantiere Nautico Feltrinelli che compie un secolo maā¦
āIn realtĆ questāanno si festeggia il centenario di un traslocoā. Il gusto per lāironia e la provocazione non vengono mai meno in Mauro Feltrinelli e non può fare eccezione quando parla della storia del suo cantiere. Ma lasciamo che sia lui stesso a spiegarci il perchĆ© del trasloco.
āNel 1919 il bisnonno Egidio decide di spostare lāattivitĆ di famiglia, che a Gargnano si tramandava giĆ da diverse generazioni, in quella che ĆØ tuttāora la sede del Cantiere, in localitĆ San Carlo (allāepoca āai quĆ ter Sanccā, ai quattro santi). Sua moglie, la bisnonna Amelia, che gestiva un ālicinsƬā, una mescita di vino al dettaglio in paese, era donna intelligente e attenta agli affari; dato che con la fine della prima Guerra Mondiale gli alpini sarebbero tornati alla caserma āMagnoliniā, che proprio in localitĆ San Carlo era stata edificata fra il 1911 e il 1914, immaginò che di vino in libera uscita ne avrebbero bevuto parecchio. CosƬ, messi gli occhi su una proprietĆ in vendita proprio in riva al Lago e di fronte alla caserma, un vecchio giardino di limoni abbandonato con un capanno per ospitare gli attrezzi di proprietĆ di un certo Samuelli, convinse il marito a trasferirvi, oltre allāosteria, anche lo āsqueroā (cantiere per imbarcazioni a remi, ndr). Per tre anni lo presero in affitto e, una volta verificata la validitĆ della previsione, lo acquistarono nel 1921 e, nel 1923, il casello fu ristrutturato per ospitare anche un laboratorio, lāufficio e lāabitazioneā.
Ripercorrendo la storia si arriva addirittura al XVII Secolo
āNel trasferirsi dalla precedente residenza (che distava solo un paio di chilometri, in localitĆ Castello a Gargnano), dove almeno dal 1600 i suoi avi costruivano barche da pesca e da lavoro sulla spiaggia, il bisnonno Egidio prese con sĆ© il padre Bernardo, detto āBindiā che era un maestro calafato, quindi specializzato nella costruzione e nella manutenzione delle barche di legno. Il curioso nome Bindi abbiamo sempre pensato fosse diminutivo di Bernardo, invece qualche tempo fa un cliente tedesco ci ha fatto notare che ai tempi i maestri calafati producevano indifferentemente barche e botti, a seconda dei periodi e della domanda, e in tedesco (allora il confine con lāAustria era soltanto otto chilometri a Nord di Gargnano) bottaio si dice āBinderā, quindi ĆØ credibile questa interpretazione del diminutivoā.
āLa tradizione cantieristica della nostra famiglia risale a molto prima. Parecchie generazioni! Grazie allāaiuto di un ricercatore locale siamo risaliti, attraverso i documenti trovati in Parrocchia, lungo il nostro albero genealogico addirittura fino al 1639. CosƬ abbiamo potuto verificare che lāattivitĆ di āfabbrolegnameā (poi sostituito dal termine falegname), bottai e in generale lavoratori del legno, ĆØ sempre stata una costante nelle attivitĆ della famiglia. In particolare, si legge che nel 1639 nasce Pietro Feltrinelli, figlio del barcaiolo Antonio, e da li in poi il mestiere si tramanda di padre in figlio, fino ai giorni nostri. Quindi i 100 anni che celebriamo non possono certo essere attribuiti allāattivitĆ !ā
āMa torniamo alla nostra storia, con il bisnonno Egidio che assunse suo padre alle proprie dipendenze, perchĆ© fino a quel momento il Bindi lavorava prevalentemente a cottimo presso chi gli commissionava la barca. In pratica riceveva lāordine, andava nel bosco a scegliere i legnami e si installava presso la casa del committente, dove oltre a lavorare mangiava e dormiva, fino ad aver completato la costruzione. A questo proposito, cāĆØ un divertente aneddoto che riguarda la costruzione di una ābissaā (il nome locale di un particolare tipo di barca da pesca) che andava un poā per le lunghe e per la quale, alle sollecitazioni della famiglia di Malcesine che lāaveva commissionata, il Bindi rispose che mancavano solo i āparoiā, cioĆØ i paglioliā. āLasemo stare i paroi se no magnemo fora anca le dindaneā fu la risposta; ālasciamo stare i paglioli altrimenti dobbiamo vendere anche le lenze per la pesca (le tirlindane) per mantenerti!ā. Evidentemente il mio antenato mangiava e beveva abbondantemente e se la prendeva un poā con comodo⦠Ai tempi le barche erano āimpeciateā cioĆØ calafate con la pece, erano quindi nere e assomigliavano un poā alle gondole veneziane con il fondo piatto e la prua slanciataā.
L'incontro con Gabriele D'Annunzio
āQuindi da una parte cāera la grande manualitĆ del Bindi e dallāaltra i disegni e le esperienze che Egidio Feltrinelli aveva portato dagli Stati Uniti, dopo una permanenza di un anno, forse meno, in Florida. Si trattava delle prime barche da diporto, derivate dai barchini dāassalto della Marina Militare americana e con motori potenti, che venivano utilizzate con successo anche nelle competizioni motonautiche e piacquero molto a un personaggio che ha segnato la storia del cantiere, del Lago di Garda e dellāItalia: Gabriele DāAnnunzio. Fu un incontro importante perchĆ© quando nel 1923 DāAnnunzio ricevette in dono dalla Marina Militare Italiana il Mas che aveva utilizzato cinque anni prima per la famosa āBeffa di Buccariā (quello che oggi si trova al Vittoriale) e pensò di trasformarlo da diporto chiedendo aiuto per il suo disarmo e trasformazione proprio alla famiglia Feltrinelli. Allora il cantiere aveva uno scalo con una slitta di traversine che venivano coperte di grasso, non adatte per tirare in secca una barca delle dimensioni del Mas. Grazie anche allāinteressamento di DāAnnunzio venne cosƬ costruito un binario di acciaio, i cui resti sono visibili ancora oggi e che ha mantenuto la sua funzionalitĆ fino in ātempi recentiā (il 1971 ĆØ lāanno di costruzione del pontile e di installazione della prima gru a bandiera). Grazie a quella struttura fu possibile poi realizzare e movimentare barche importanti, come un cutter a due alberi per i Reali di Spagna, ma anche un originalissimo camion anfibio, grazie anche alla passione dei cinque figli di Egidio, due femmine e tre maschi: Dino, Stefano detto āFinƬā, Jolanda, Eligio, Pasqualina detta āLinaā. Si erano tutti avvicinati con passione alle gare di motonautica e, anche sotto la guida di Gabriele DāAnnunzio che spesso dava i nomi alle nuove barche, iniziarono a costruire barche da corsa che andavano a competere con quelle di Serafino Riva, papĆ di Carlo. Tra i piloti cāera anche il Comandante Edmondo Turci (nella foto sotto), amico di DāAnnunzio, che aveva preso parte alla spedizione di Buccari e che a Miami sfidò con una nostra barca, lāIbis Redibis, in una gara motonautica i piloti statunitensi per la rivincita dopo che sul Garda erano stati sonoramente sconfitti. Conservo le copie delle lettere di con cui Gabriele DāAnnunzio chiede lāiscrizione di Turci con scafo Feltrinelli ad alcune gare di motonautica. Tra lāaltro lāIbis Redibis, ritrovato grazie alle ricerche di un appassionato ex pilota di motonautica, il cremonese Ennio Manfredini, e completamente restaurato lāanno scorso da Sergio Feltrinelli, ĆØ stata la star indiscussa del recente āporte aperteā del nostro cantiereā.
āSempre negli anni Trenta, la Johnson aveva realizzato un innovativo fuoribordo di 30 cv con un barchino da diporto dedicato. Per presentarlo in Italia aveva lanciato un concorso tra vari cantieri per produrre lo scafo in loco (trasportarlo dagli Stati Uniti sarebbe stato troppo costoso) e il Cantiere Nautico Feltrinelli vinse quella gara costruendone poi parecchi. Recentemente uno lāho ritrovato a Tignale: il proprietario lāaveva nel box senza averlo mai usato ed era infatti in condizioni quasi perfette e fa bella mostra nella nostra club house. Un secondo esemplare si trovava nella Villa Feltrinelli ed era stato usato dal padre di Giangiacomo Feltrinelli e, si dice, anche da Benito Mussolini durante i mesi della Repubblica di Salò. Purtroppo però durante i lavori di ristrutturazione della villa la barca ĆØ andata perduta per il crollo del tetto della darsena dovāera custodita. Sempre a proposito di barche prodotte in quegli anni, siamo stati attivi anche in ambito velico, con alcuni 8 m SI che sarebbe bello ritrovare (Madama, Orioneā¦) e recentemente mi ha contattato un appassionato che ha recuperato una Star costruita da noi. Infine, per lāoccasione di questo āanniversarioā, abbiamo recentemente recuperato anche un Dinghy 12ā in mogano, della metĆ degli anni Cinquanta, costruito qui a san Carlo dallo āzioā Stefano (FinƬ)ā.
Quando nonno Dino rifiutò un premio per le imposizioni che costava
āMa arriva la Seconda Guerra Mondiale e la Repubblica Sociale Italiana che stabilisce a Gargnano, in Villa Feltrinelli, il suo quartier generale. La famiglia Feltrinelli non ĆØ amata dal regime perchĆ© sono sempre stati degli spiriti liberi e questo ai fascisti non piace: contro questa famiglia di āfacinorosiā prima ci sono delle spedizioni punitive che incendiano il cantiere, ma quando il nonno Dino (diminutivo di Bernardo) rifiuta il premio allāAltare della Patria a Roma perchĆ© imponeva di prendere anche la tessera del partito fascista, la situazione precipita. CosƬ tutta la famiglia si trasferisce a Bracciano, presso il cantiere Donati, dove prosegue lāattivitĆ costruendo barche per la Marina Militare fino a dopo lā8 settembre, quando in treno (il nonno nel frattempo era stato anche incarcerato) ritornano a Gargnano e riprendono lāattivitĆ ā.
āNel Dopoguerra, in particolare negli anni Cinquanta, grazie allāapporto di vari piloti e personaggi che conoscevano le nostre barche e i nostri successi (tra questi Ferruccio e Benito Casinghini, lāingegner Alfredo Prandoni, lāavvocato Luigi Nuvolari, il nipote di Tazio) si continuarono a costruire barche da competizione, con motori BPM, Alfa Romeo e Isotta Fraschini. Particolarmente interessante il San Michele a quattro punti, una sorta di antesignano del catamarano, e poi la storia di un motore di una rarissima Alfa Romeo 6C a cui ĆØ stato dedicato recentemente anche un libro (Enzo Ciaraffa, āDue cuori in fugaā dalle memorie di Alessandro Ascenso Paneroni, ndr): sequestrata dai tedeschi, il proprietario riuscƬ a ritrovare solo il motore montato su un mezzo agricolo e, una volta recuperato, chiese di costruirci un motoscafo, āEdoā, per ospitarlo e lƬ si trova, forse, ancora adessoā.
āArriviamo cosƬ alla penultima generazione, quella vivente. Nel 1963 mio papĆ Fausto sposa a Lanciano (Chieti) mamma Palmina, dopo aver girato il mondo alle dipendenze dellāEni: io nasco nel 1964 e il papĆ decide di tornare sul Lago di Garda. I fasti e la fama delle competizioni erano ormai solo un ricordo e lāavvento della vetroresina avrebbe di lƬ a poco decretato la fine delle costruzioni in legno. Il cantiere, in mano al papĆ e allo zio ormai ultracinquantenni, non sembrava poter riprendere in modo redditizio lāattivitĆ di costruzione, e lāesperienza di Fausto era per lo più meccanica, ma anche spiccatamente imprenditoriale. CosƬ, con lāaiuto determinante della giovane e instancabile consorte, decise di potenziare quello che sembrava essere il settore più consono alla location storica dellāazienda. Sulle sponde del Garda, grazie a quel famoso binario DāAnnunziano, da decenni ormai i Feltrinelli si occupavano del rimessaggio delle barche dei loro clienti: ricordo a titolo di esempio la custodia di āElsaā, il Riva AU (pre-Ariston) con piede Cattaneo a eliche controrotanti della famiglia Negroni, quella dei salumi. Oppure quella che probabilmente ĆØ la prima fattura per un servizio di rimessaggio: ĆØ del 1935 per un cliente olandese. Nel 1971 viene smantellato il binario sostituito dal pontile con gru a bandiera, nel 1986 inizia la costruzione del porticciolo con noi fratelli (io, Sergio e Dino) giĆ operativi e il resto ĆØ storia dei nostri giorni con la sesta generazione giĆ al lavoroā.
Leggi la nostra prova dell'ammiraglia Frauscher: il 1414 Demon Air
āUna citazione particolare merita lāincontro con Hans Frauscher. Siamo negli anni Sessanta e il costruttore austriaco voleva promuovere le sue H-Boat (delle barche a vela, una sorta di Soling con la cabina) sul Lago di Garda partecipando alla ā100 Migliaā e ad altre regate, cosƬ lui e mio padre si sono conosciuti. Nel 2003, a fronte del successo della serie 750 Saint Tropez con motore elettrico, Frauscher volle svilupparne anche una versione con motore endotermico. CosƬ Michael e Stefan Frascher, figli di Hans pensarono di effettuare delle prove presso il nostro cantiere, per approfittare delle condizioni del Garda, certo più āimpegnativeā del loro piccolo Traunsee. La barca ci ĆØ piaciuta subito e cosƬ abbiamo dato un contributo fondamentale al suo sviluppo, portando la velocitĆ da 27 a 38 nodi e poi a 40 nodi. Ci ĆØ piaciuta cosƬ tanto che lāabbiamo anche comprata e venduta subito dopo. Da lƬ abbiamo sviluppato insieme nuovi modelli e⦠il resto ĆØ la cronaca di un successo che contiamo e speriamo di portare avanti ancora per (altret)tanti anniā.
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