Dalla vela alle barche a motore: sempre più cantieri specializzati in imbarcazioni spinte dal vento stanno allargando i propri orizzonti verso modelli a carburante, e ora è arrivato anche il momento di Mylius Yachts, che ha appena lanciato la sua prima imbarcazione a motore: il Mylius 62P.

Il cantiere italiano si è messo al lavoro su ben tre modelli a motore: un motoscafo, un catamarano e una navetta, ed è proprio da quest’ultima che è partito il nuovo capitolo della storia dell’azienda piacentina.

Si chiama Mylius 62P, una navetta di quasi 20 metri (lunghezza fuori tutto di 19,5 metri, per la precisione), che sorprende per le affascinanti ambientazioni, la dinamicità in navigazione e l’accurata gestione dei volumi interni.

Dopo aver scoperto questo motoryacht in anteprima al Salone di Cannes 2023, finalmente sono riuscito a salirci a bordo con più calma per scoprire come si comporta in mare: ecco come è andata la nostra prova nei dintorni di La spezia e le Cinque Terre.

Mylius 62P: italianità al cento per cento

Disegnato e progettato dallo studio Ceccarelli Yacht Design, in collaborazione con lo studio Parisotto + Formenton per quanto riguarda gli interni, il nuovo Mylius 62P si inserisce chiaramente nel mondo delle barche long range.

Mylius 62P.

A differenza dei tipici modelli nordici, però, le forme dello scafo sono più sinuose ed eleganti e creano un suggestivo contrasto con le geometrie scolpite del T-top e del fly, entrambi realizzati in fibra di carbonio per abbassare il baricentro.

Il cantiere italiano offre un alto livello di personalizzazione, sia in termini estetici che pratici, e questo primo esemplare è un perfetto esempio di quanto il brand sia in grado di assecondare le richieste dell’armatore.

Tra i dettagli più interessanti c’è la plancetta di poppa idraulica, che può snodarsi sia verso l'alto sia verso il basso, per agevolare l’accesso dal molo o per immergersi completamente in acqua.

Questa soluzione è stata richiesta dall’armatore, così come la scala a chiocciola per salire sul ponte superiore, elemento che difficilmente si trova su imbarcazioni di queste dimensioni.

Scala a chiocciola.

Infatti, uno degli ospiti più frequenti a bordo è il migliore amico peloso dell’armatore che, giustamente, può muoversi in libertà e scendere e salire dall’imbarcazione senza difficoltà.

Da sogno il fly bridge dove c’è la timoneria secondaria, un’area per cucinare e un’infinita superficie di cuscini.

Vista sul flying bridge.

In coperta come a casa: spazio e comodità

Anche la postazione di comando al coperto garantisce un’ottima visibilità al timoniere, che può facilmente comunicare con l’equipaggio tramite la porta di servizio a scorrimento sul lato di dritta. Il design della plancia è high-tech con ben 3 monitor per gestire tutta l’imbarcazione, mentre i tasti meccanici solo per i comandi essenziali.

Salone.

Nel salone la gestione dei volumi è eccellente, così come l’illuminazione naturale e la privacy nelle ore notturne. Qui c’è un vero e proprio piano bar per servire gli ospiti e vivere al massimo i party in barca.

Cucina.

La zona cucina è compatta ma ben studiata (come da richiesta), infatti c’è tutto quello che serve: un ampio lavandino, forno, fornelli a induzione, lavastoviglie e uno dei ben quattro frigoriferi distribuiti in giro per l’imbarcazione, il secondo dei quali è cantinetta per i vini. E c’è anche la macchina per il ghiaccio.

Bella e pure funzionale la soluzione di inserire una sorta di bancone nel mobile, che ha la doppia valenza di circoscrivere l'area della cucina e al tempo stesso offrire anche una zona bar rivolta verso il living.

Layout di coperta del Mylius 62P.

La magia della cabina armatoriale

Il ponte sottocoperta è altrettanto ben studiato: a prua, con ingresso separato, c’è la cabina (con bagno) per l’equipaggio, mentre il resto del layout è riservato alle due cabine destinate all'armatore e ai suoi ospiti.

Cabina ospiti del Mylius 62P.

Agli ospiti è riservata una cabina doppia, con letto matrimoniale, ma su questo modello sono stati scelti due letti singoli.

Qui c’è tutta la superficie necessaria per muoversi tranquillamente in due. C'è poi un armadio e un divanetto privato dove rilassarsi. Il bagno ha la doccia separata e ha il doppio accesso per fungere anche da toilette a uso giorno.

Cabina armatoriale del Mylius 62P.

Al centro dello scafo non poteva che esserci la cabina armatoriale a tutta larghezza e con un'altezza che permette di stare tranquillamente in piedi anche a chi è alto più di 1,85 metri.

Cabina armadio al servizio dell'armatore.

Tra i dettagli da sogno è presente una cabina armadio bella spaziosa. Anche il bagno privato è di buone dimensioni, tant'è che oltre alla doccia separata, c'è spazio anche per il bidet.

Layout sottocoperta del Mylius 62P.

Come naviga il Mylius 62P

A bordo del nuovo Mylius 62P ci si gode piacevoli giornate in mare all’insegna del relax: a basse velocità lo scafo offre grande stabilità, merito anche della prua rovesciata che taglia in due le onde senza difficoltà.

In condizioni avverse come quelle del test, la tenuta del mare è ottima: con onda lunga, la barca è sempre controllabile e l’effetto di impatto della carena sull’acqua è praticamente nullo.

Mylius 62P.

Non fatevi però ingannare dalle dimensioni e dalle forme da navetta perché questo motoryacht di 19,5 metri nasconde un’inaspettata sportività.

Per non farci mancare nulla, nel corso della prova ci siamo ritrovati nel bel mezzo di un’esercitazione militare in cui ci è stato chiesto di sgomberare rapidamente l’area.

Abbiamo allora affondato la manetta e chiesto il massimo ai due motori Volvo Penta D13 da 1.000 cv Ips1350: nel giro di pochi secondi ci siamo ritrovati in planata e superato i 25 nodi senza timore.


Leggi di più nel nostro articolo sul Volvo Penta D13 da 1000 cv


Una reattività che non ci si aspetta da una navetta di queste dimensioni, a conferma della polivalenza del primo yacht di Mylius, che quindi sa offrire un grande piacere nella navigazione lenta con i vantaggi e la reattività di un’imbarcazione più dinamica.

I consumi li trovate qui sotto: purtroppo le condizioni avverse del mare non ci hanno permesso di rilevare tutti i dati nell'intero range di giri dei motori, ma torneremo presto a rifare la prova completa e aggiorneremo i dati mancanti.

I numeri del Mylius 62P

Scheda tecnica

Lunghezza f.t.19,50 m
Lunghezza al galleggiamento18,50 m
Larghezza5,60 m
Immersione1,50 m
Dislocamento40.500 kg
Serbatoio carburante3.000 l
Cabine2 + 1 equipaggio
Motori2x1000 cv Volvo Penta D13 Ips1350
Omologazione CeCat. B

I dati della prova del Mylius 62P

Giri/MinVelocità (Nodi)Consumi (Litri/ora)
600611
1.00010,149
1.50015,6140
1.750 (planata)20,5150
2.000--
2.500--
3.000--
3.500--

Clicca ed entra nel sito ufficiale di Mylius Yachts


L’elettrico a batteria è l’unica soluzione per una mobilità (su terra e su acqua) più sostenibile? Avrete sicuramente intuito che la risposta è no.

A dirlo nella teoria è uno studio dell'International Council of Marine Industry Associations (ICOMIA), che afferma che un approccio a più livelli è il modo migliore per continuare la decarbonizzazione della nautica da diporto, ma lo dice anche la pratica e non solo in ambito marittimo.

Infatti, tra le alternative più gettonate per raggiungere le zero emissioni c’è l’idrogeno che, tra l’altro, può essere sfruttato in due diverse modalità di cui vi parliamo più chiaramente in questo articolo.

Dopo aver già lanciato Harmo, l’elettrico di nuova generazione, Yamaha ha presentato il primo motore fuoribordo a idrogeno. Fantascienza o realtà? Scopriamolo insieme.

Fuoribordo a idrogeno: un progetto futuribile supportato da tre grandi aziende

Allo stato attuale il nuovo fuoribordo a idrogeno di Yamaha è ancora un prototipo in piena fase di sviluppo, anche per capire se possa essere effettivamente una soluzione adatta alla nautica, ma i primi test in acqua sono previsti già nell’estate 2024.

Sistema di stoccaggio dell'idrogeno a bordo barca.

Il blocco è sviluppato in collaborazione con Roush (che da quasi 50 anni è di riferimento nella fornitura di servizi innovativi di progettazione, collaudo, prototipazione e produzione ai settori della mobilità avanzata, aerospaziale, della difesa e dei parchi a tema) e Regulator, cantiere statunitense specializzato in imbarcazioni da pesca sportiva offshore.

Come è fatto il nuovo fuoribordo a idrogeno di Yamaha

Al momento non ci sono informazioni tecniche di nessun tipo relative al range di potenza, ma in un breve video divulgato da Yamaha (vi riportiamo le immagini qui sotto) viene mostrato chiaramente un grosso blocco V8. Sembra lo stesso della famiglia XTO, quindi alte prestazioni, dai 400 CV in su.

Le prime informazioni parlano anche di sistema di alimentazione, quindi supponiamo si tratti di iniezione diretta di idrogeno all’interno del motore: per semplificare, è lo stesso concetto della benzina che viene immessa in camera di scoppio.

Fuoribordo a idrogeno Yamaha.

Leggi anche: Yamaha spinge sui fuoribordo con un nuovo motore V6 da 350 cv


Uno dei grandi vantaggi di questa scelta tecnica è che, sfruttando la struttura di un motore tradizionale, bastano “solo” alcune modifiche meccaniche per avere i vantaggi relativi alle emissioni pulite del H2 (nella combustione non produce CO2 ma solo una piccola quantità di NOx).

La duplice via dell’idrogeno: celle a combustibile e iniezione diretta

Facciamo un breve passo indietro: l’idrogeno può essere sfruttato in due modi. Il primo, più conosciuto nel mondo delle auto (alcuni modelli come la Toyota Mirai sono basati su questa tecnologia), è l’idrogeno a celle combustibile.

Questo significa che l’idrogeno immagazzinato nei serbatoi, tramite l’elettrolisi inversa, reagisce con l’ossigeno direttamente a bordo dando origine a energia elettrica, calore e acqua. L’energia elettrica viene poi immagazzinata in piccole batterie e sfruttata per alimentare un motore elettrico che dà motricità. Quindi il mezzo può essere considerato elettrico.

Il secondo invece vede l’idrogeno come carburante iniettato direttamente nel motore che, come oggi, è composto da pistoni, bielle, valvole e tutto il resto.

Nelle moto si parla già di questo sistema: proprio Yamaha, in collaborazione con altri colossi giapponesi (Kawasaki, Suzuki e Honda), sta sviluppando un motore a iniezione diretta di idrogeno.

Il primo prototipo denominato Ninja H2 HySE ha già presto forma e la casa di Iwata ha anche già costruito un blocco V8 5.0 litri a idrogeno con cui un’auto da corsa Toyota ha portato a termine una gara di 24 ore sul tracciato del Fuji.

Idrogeno o batteria? Il futuro è molto vicino

Tornando al progetto nautico di Yamaha, Regulator Marine ha già costruito uno scafo basato sul Regulator 26XO: le modifiche principali sono state effettuate per ospitare i serbatoi di idrogeno necessari per alimentare il nuovo fuoribordo.


Leggi anche sulla collaborazione fra Volvo Penta e Jeanneau per una soluzione ibrida plug-in parallel


Le immagini mostrano che, su questo modello da 8,2 metri di lunghezza, i tecnici sono riusciti ad alloggiare 3 serbatoi in prossimità della chiglia per bilanciare al meglio i pesi

Non sappiamo ancora la quantità di idrogeno che possono contenere ma, considerando che sulla Toyota Mirai i 142 litri di volume (5,6 kg la capacità in chilogrammi) si traducono in 650 km di autonomia, anche nella nautica si potrebbero raggiungere ore di navigazione interessanti e paragonabili a quelle del carburante tradizionale.

Rimaniamo in attesa di ulteriori aggiornamenti in merito a questa novità della nautica che farà il suo debutto in acqua quest’estate.

Nel corso della stagione calda, quindi, potrebbero essere annunciati ulteriori dettagli e sviluppi in merito al nuovo motore a idrogeno marchiato Yamaha.


Clicca qui per scoprire tutti i prodotti sul sito ufficiale di Yamaha Marine


“Aggiungendo potenza andrai più veloce in rettilineo, togliendo peso andrai più forte ovunque”. Queste celebri parole sono di Colin Chapman, pilota automobilistico negli anni ’50 nonché fondatore del Team Lotus. Per fare le corse non serve solo aggiungere cavalli, e Mercury Racing questo lo sa bene.

Nasce così il nuovo motore fuoribordo Mercury Racing 60 APX, un blocco sviluppato appositamente per le competizioni in circuiti chiusi, più precisamente per la classe UIM Formula 4s, che sorprende per il rapporto peso/potenza. Vediamo insieme come è fatto e quanto veloce può andare.

Gara UIM Formula 4s.

Potenza e affidabilità come sui motori di serie con meno costi di gestione

Le corse sono velocità ma anche sviluppo, e la branca Racing del grande costruttore americano di motori ha accumulato tantissimi anni sui campi di gara così da sfruttare questa fondamentale esperienza anche sui propri prodotti di serie.

Il nuovo fuoribordo di 60 cv di Mercury Racing è stato quindi progettato per avere le massime prestazioni a fronte di una manutenzione minima, così da ridurre i costi durante il campionato.

Il blocco infatti verrà montato sui leggerissimi catamarani (solo 360 kg per 3,9 metri di lunghezza) della UIM Formula 4s, classe molto diffusa in Europa e nel Medio Oriente, dove i giovani piloti si danno battaglia per guadagnarsi un posto sui più prestazionali motoscafi Formula 2 e Formula 1.

Le caratteristiche tecniche del nuovo Mercury Racing 60 APX

Con un peso a secco di soli 112 kg, il nuovo Mercury Racing 60 APX è basato su un motore quattro cilindri in linea da 995 cc che su queste imbarcazioni permette di raggiungere i 75 nodi (circa 120 km/h).

La potenza massima è di 60 cv con benzina da 90 RON (87 ottani), mentre il regime di rotazione massimo è tra i 6.000 e i 6.400 giri/min.

Gara UIM Formula 4s.

Per migliorare le prestazioni il fuoribordo ha una sezione centrale da 15” ed è dotato delle “wing plates” necessarie al sistema di sterzo dei motoscafi da corsa con struttura a tunnel. La scatola del cambio del 60 APX è la stessa dei motori di serie Mercury: lo scarico quindi è sott’acqua e il rapporto è di 1.82:1.

Sul fronte estetico, invece, Mercury Racing ha voluto enfatizzare il carattere di questo nuovo fuoribordo da corsa ispirandosi alle grafiche del 4.6 litri V8 360 APX e del 3.4 litri V6 200 APX usati sempre sui campi di gara. Quindi base nera, scritte argentate e una fascia blu che richiama la velocità, il mare e la bandiera a scacchi.


Leggi anche il nostro articolo sul Mercury Racing 360 APX


Mercury Racing 60 APX.

Clicca qui per entrare sul sito ufficiale di Mercury Racing


Il mercato dei fuoribordo senza patente è agguerritissimo e a movimentare questo segmento di mercato sono arrivati i nuovi Suzuki DF40A RR e Suzuki DF40A Ari RR.

D’altronde i fuoribordo da 40 cv permettono a molti appassionati di godersi il mare senza impegno e, in più, c’è anche l’enorme fetta di noleggi che devono offrire flotte efficienti e affidabili.

Ma non è tutto: anche se parliamo di potenze ridotte, le prestazioni non devono e non possono mancare, così come i consumi devono essere contenuti.

Insomma, per essere della partita in questo segmento bisogna giocare con tutti i Jolly che si hanno in mano.

Ecco perché Suzuki ha svelato i nuovi DF40A, sia nella versione base sia nella versione Ari, che guadagnano la sigla RR a conferma degli aggiornamenti introdotti nel 2024, ma che non vanno a sostituire i precedenti due nella gamma di Suzuki (che ora acquisiscono la sigla Tech), ma vi si affiancano per offrire la più articolata offerta di motori senza patente.

Come cambiano i fuoribordo Suzuki da 40 CV

I nuovi Suzuki DF40A RR e Suzuki DF40A ARI RR rendono omaggio alla vincente GSX-RR, la MotoGP di Suzuki che nel 2020, anno del centesimo anniversario del marchio, ha riportato in casa Suzuki il titolo mondiale con Joan Mir.

La doppia R, però, non è solo un semplice gioco di marketing: per il 2024 i tecnici di Hamamatsu hanno lavorato principalmente sull’elettronica di questi fuoribordo per ottimizzare performance ed efficienza.

Vediamoli allora più nel dettaglio e partiamo dalla versione base, il Suzuki DF40A RR. Come in passato il blocco è un tre cilindri da 941 cc di cilindrata, 12 valvole con doppio albero a camme in testa e dotato di catena di distribuzione che riduce la manutenzione e aumenta l’affidabilità.

Meccanicamente, quindi, non ci sono differenze, ma le prestazioni hanno fatto un ulteriore step in avanti grazie ai nuovi parametri di erogazione della centralina, che migliorano la coppia ai bassi e la velocità di punta incrementata anche dal regime di rotazione massimo alzato di 250 giri al minuto.

Il test in navigazione con il Focchi 510 e il Suzuki DF40A RR

A parità di blocco gli aggiornamenti 2024 alla centralina del Suzuki DF40A RR hanno permesso di migliorare le prestazioni, qualità che effettivamente si possono percepire a bordo del Focchi 510.

Prestazioni che appunto migliorano rispetto al 40 cv Suzuki in gamma fino a ora e, giusto per darvi dei numeri, durante la prova ci siamo spinti a ben 27 nodi con tre persone a bordo e il serbatoio al 90%.

Insomma, un gran bel risultato ma come sempre i tecnici di Hamamatsu non si sono dimenticati del fattore efficienza.

Ecco perché anche il nuovo Suzuki DF40A RR, così come del resto anche il DF40A ARI RR, puntano ancora sulla tecnologia Lean Burn, una tecnologia che è in grado di smagrire la carburazione ad acceleratore costante in modo tale da migliorare i consumi e quindi l’efficienza.

Su barche o gommoni compatti e agili come il Focchi 510, il risultato è più che garantito, sia in termini di divertimento che di consumi.

Giocando con la manetta si può apprezzare una spinta corposa paragonabile quasi a quella di un 60 cv, mentre i consumi rilevati si confermano tra i migliori del segmento: a 3.500 giri/min, al limite di planata, si marcia a una velocità di 12 nodi con un consumo di circa 7,4 litri/h.

Insistendo con la manetta, prestazioni ed efficienza si fondono con ancora più armonia: portando la velocità sui 20 nodi i consumi salgono a 11 litri/ora, a 24 nodi si passa a 17,9 litri ora e a tutto gas con il trim del motore leggermente più alto si sfiorano i 28 nodi a 5.500 giri/min e 18,5 litri di benzina consumati all’ora.

Questa novità Suzuki si fa grande anche sul fronte dell’interfaccia con il driver: infatti, come i motori di fascia superiore dotati di comando elettronico, anche i 40 CV RR diventano più tecnologici grazie allo strumento multifunzione MFG da 4”.

Lo schermo è moderno, chiaro nelle informazioni e facilmente configurabile, peccato solo per qualche riflesso di troppo quando il sole colpisce il display.

Spinta infinita con Suzuki DF40A ARI RR: la prova con il Focchi 640

Il Suzuki DF40A ARI RR è una versione dedicata più a imbarcazioni pesanti o più lunghe, come il gommone Focchi 640, seconda barca usata per questo test in anteprima.

Grazie a un rapporto al piede più corto e a un’elica più grande, il Suzuki DF40A ARI RR offre una spinta superiore del 42%, qualità numerica che si percepisce concretamente anche in navigazione.

Basta infatti un filo di gas per apprezzare una notevole coppia che permette di raggiungere velocemente la planata anche a pieno carico, a discapito ovviamente di una velocità di punta leggermente inferiore rispetto al fuoribordo in versione base.

Silenzioso e pacato a basse andature, sopra i 15 nodi il blocco trasmette tanta grinta valorizzata da un suono cupo e deciso, ma per nulla fastidioso.

Sopra questa velocità i consumi sono ottimi, merito anche della carenatura dei gommoni del cantiere italiano che taglia le onde come una lama garantendo stabilità e divertimento anche a tutta manetta.

Per darvi dei numeri, a 17 nodi si naviga a circa 12 litri/ora, valori che passano a 14,5 e a 20,2 litri ora rispettivamente a 20 e 22 nodi, quest’ultima la velocità massima a cui si spinge il binomio Focchi-Suzuki ARI.

Colori e prezzo dei nuovi Suzuki senza patente da 40 cv

Con la sigla RR, i nuovi Suzuki DF40A RR in versione base ed ARI confermano valori di prestazioni ed efficienza ad un livello ancora superiore. Entrambi i modelli sono disponibili in due colorazioni, nero o bianco: per quanto riguarda i prezzi, il listino 2024 è di 7.550 euro (IVA inclusa) per il fuoribordo base e di 8.100 euro (IVA inclusa) per l’ARI RR.

Guarda anche al nostra prova in video


Leggi anche il nostro test del Suzuki DF250 Kuro, l'altra novità 2024 della casa giapponese


I numeri del Suzuki DF40A RR e Suzuki DF40A Ari RR


Scheda Tecnica del Suzuki DF40A RR

Tipo motore4 tempi DOHC, 3 cilindri in linea, 4 valvole per cilindro
Cilindrata941 cc
Alesaggio x Corsa72,5 x 76 mm
Potenza fiscale12 cv
Regime di utilizzo normale5.000 - 6.000 giri/min.
Alternatore12V - 19A
Capacità coppa olio2,7 litri
Peso104 kg

Scheda Tecnica del Suzuki DF40A ARI RR

Tipo motore4 tempi DOHC, 3 cilindri in linea, 4 valvole per cilindro
Cilindrata941 cc
Alesaggio x Corsa72,5 x 76 mm
Potenza fiscale12 cv
Regime di utilizzo normale5.300 - 6.300 giri/min.
Alternatore12V - 19A
Capacità coppa olio2,7 litri
Peso115 kg

I dati della prova del Suzuki DF40A RR con il Focchi 510

Giri/MinVelocità (Nodi)Consumi (Litri/Ora)
80020,5
1.00030,8
1.50041,4
2.00052,1
2.50063,5
3.00075,2
3.500 (planata)127,4
4.000169,2
4.5002011
5.0002315
5.500 (trim giù)2417
5.500 (trim 50%)2718,5
Condizioni della prova: onda lunga - 3 persone a bordo - carburante imbarcato 90%

I dati della prova del Suzuki DF40A ARI RR sul Focchi 640

Giri/Min.Velocità (Nodi)Consumi (Litri/Ora)
80020,5
1.00030,8
1.50041,4
2.00052
2.50063
3.00074,2
3.50095,7
4.000116,7
4.500148,7
5.0001712
5.5002014,5
5.80020,518
6.2002220,2

Clicca qui per vedere tutta l’offerta dei fuoribordo da 40 cv di Suzuki sul sito ufficiale.


L’era della nautica a zero emissioni è iniziata e sembra che Mercury abbia tutte le intenzioni di cavalcare l'onda, come intende confermare con il lancio dei nuovi fuoribordo elettrici Avator 75e e 110e, che si aggiungono ai tre motori più piccoli, il 7.5e, il 20e e il 35e.

Non si era ancora vista una gamma così articolata di fuoribordo elettrici, peraltro lanciati nell'arco di poco più di un anno, e creata da un costruttore tradizionalmente di motori endotermici.

In questa delicata fase di crescita del segmento della mobilità elettrica, dove i costruttori giapponesi si stanno ancora inserendo, il marchio a stelle e strisce ha dunque voluto affondare la manetta e portare la famiglia di motori alimentati a batteria a cinque modelli.

Mercury Avator 75e.

I top di gamma dei fuoribordo elettrici di Mercury: ecco le potenze

La casa americana ha deciso di puntare ancora più in alto con i nuovi Mercury Avator 75e e 110e, i primi due modelli ad alto voltaggio.

Non sono ancora state rilasciate informazioni dettagliate a riguardo, ma possiamo già anticiparvi i valori di potenza: 7,5 kW per il 75e, quindi circa 10,2 cv all'elica, e 11 kW per il 110e, che corrispondono a 15 cv tondi tondi.

Mercury Avator 7.5e, il fuoribordo elettrico con tecnologia avanzata. Lo abbiamo provato

Le potenzialità di utilizzo dei Mercury Avator 75e e 110e

In realtà, i due nuovi blocchi elettrici dovrebbero offrire prestazioni paragonabili a quelle di un fuoribordo tradizionale a benzina più potente, quindi nell’ordine dei 20 e quasi 30 cv rispettivamente per il 75e e il 110e.

Infatti, i motori elettrici riescono a offrire il massimo della coppia già da 0 giri/min, garantendo quindi maggior spunto e tempi di accelerazione più bassi.

Mercury Avator 75e

Questo significa che, se prima la famiglia dei fuoribordo elettrici di Mercury puntava esclusivamente a una navigazione più lenta, ora, grazie a queste due novità più performanti, gli orizzonti si allargano verso imbarcazioni più grandi come natanti multiscafo in alluminio e materiali compositi, barche da pesca in alluminio, gommoni e piccoli motoscafi in fibra di vetro.

Analogamente ai modelli 20e e il 35e, i nuovi motori saranno utilizzati anche da flotte commerciali e nelle vie navigabili soggette a restrizioni ICE.

Che grinta i nuovi Mercury Avator 75e e 110e in azione

Le foto mostrano i due blocchi montati su due diversi tipi di imbarcazione: il 75e su una piccola barca che si muove anche a velocità modeste, il 110e invece su un motoscafo dal dna sportiveggiante che non nasconde il reale potenziale di queste novità.

Mercury Avator 75e e 110e.

La scia lasciata in movimento è bella lunga e il driver si destreggia anche in virate strette e accelerazioni a tutta manetta, a conferma che ora gli Avator puntano anche al fattore adrenalina.

Batteria e tensione ad alto voltaggio

Il brand a stelle e strisce ha divulgato ancora pochissime informazioni riguardo ai nuovi Mercury Avator 75e e 110e, e purtroppo nessuna sulla questione batterie.

A differenza del modello di ingresso in gamma che è dotato di batteria interna alla calandra, il 20e e il 35e sono alimentati da un pacco batteria (sviluppato in collaborazione con Mastervolt) esterno ed espandibile fino a quattro unità da 2,3 kWh.

Le dimensioni dei nuovi fuoribordo elettrici di Mercury rimangono sempre molto compatte ma, vista la potenza e l’applicazione, ci aspettiamo delle batterie di grandi dimensioni e quindi la soluzione modulabile esterna.

Mercury Avator 75e e 110e.

L’alta tensione a cui sono alimentate le due versioni più potenti (il valore preciso non è stato dichiarato) ci potrebbe suggerire tempi di ricarica più bassi rispetto alle 5 ore necessarie per fare un pieno di elettroni a uno dei moduli batteria sopra citati.

Stesso discorso per la questione timoneria: gli altri Avator meno performanti offrono doppia configurazione a barra o a timone in plancia e, viste le foto che mostrano la doppia configurazione, possiamo confermare che sarà lo stesso anche sui 75e e 110e.

Il prezzo e la disponibilità dei Mercury Avator 75e e 110e

Quello al Boot di Düsseldorf è stato solo un primo lancio fatto in una fiera internazionale e molto importante per il mercato del diporto nautico, quindi la casa americana ha pensato di cominciare a presentarli subito e poi rilasciare ulteriori dettagli in seguito.

A gennaio 2024, dunque, il prezzo dei nuovi Mercury Avator 75e e 110e non è ancora stato reso noto, ma si saprà sicuramente di più entro la metà del 2024, così come gli altri dettagli tecnici e la disponibilità alle prove di queste due interessanti novità.


Mercury lancia due nuovi fuoribordo elettrici: ecco gli Avator 20e e 35e


Scopri la gamma di fuoribordo elettrici Avator sul sito ufficiale di Marcury Marine Italia


I fuoribordo non vengono più solo abbinati a imbarcazioni di piccole e medie dimensioni: le elevate potenze specifiche offerte oggi dai principali motoristi hanno permesso ai cantieri di sfruttare molto di più il fuoribordo anche su imbarcazioni di grandi dimensioni.

Infatti, che sia per un’applicazione singola o multipla, questa scelta garantisce un’eccellente versatilità, sia in termini di gestione dello spazio a bordo sia di performance.

Ecco perché, al Boot di Düsseldorf, in corso dal 20 28 gennaio 2024, Yamaha ha tolto i veli a un nuovo blocco fuoribordo ad alta potenza: lo Yamaha V6 350 cv, che va a rafforzare la famiglia Premium dei motori del costruttore di Iwata.

Ve lo presentiamo nel dettaglio in questo articolo, dove trovate un’altra interessante novità lanciata dal brand giapponese nei giorni di Salone.

Yamaha V6 350 cv.

Le caratteristiche del nuovo Yamaha V6 350 cv

Il nuovo fuoribordo da 350 cv si inserisce nella gamma dei motori più performanti della famiglia di Iwata e colma quel gap prestazionale che c’era tra i V6 (che si fermavano a 300 cv) e i mostruosi XTO V8 (disponibili in versione da 400 e 450 cv).

Il cuore del nuovo Yamaha V6 350 cv è un sei cilindri a V di 60° con cubatura di 4.256 cc ma, a differenza di quello che si potrebbe pensare, gli ingegneri di Yamaha non si sono limitati ad aggiornare l’elettronica del fuoribordo da 300 cv.

Questo V6 da 350 cv a 6.000 giri/min è stato infatti profondamente riprogettato per estrapolare tutto il potenziale da questo blocco.

Yamaha V6 350 cv.

C’è un nuovo albero motore che ha portato la corsa a 98 mm (contro i 96 mm del modello da 300 cv), le valvole di aspirazione e scarico sono più grandi, sono stati rivisti i profili di entrambi gli alberi a camme per aumentare l’alzata e sfruttare al meglio il sistema di fasatura variabile VCT ed è stato montato il corpo farfallato da 81 mm del XTO V8 da 450 cv.

Si aggiungono poi anche i nuovi collettori di aspirazione simmetrici tra le due bancate per un afflusso di aria più uniforme e maggiore del 40% e una mappatura dedicata.

Insomma, come avrete sicuramente capito, il blocco è stato profondamente evoluto per ricercare maggior coppia in tutti i regimi senza però rinunciare ad una grande affidabilità, come da tradizione giapponese.

Yamaha V6 350 cv: prezzo e colori

Il peso varia tra i 293 e i 304 kg a seconda della lunghezza che si ricerca: a tal proposito le misure disponibili sono tre (X da 25”, U da 30” ed E da 35”).

Per quanto riguarda i colori, la casa di Iwata prevede due tinte: Pearl White e Light Grey Metallic. Invece il prezzo del nuovo Yamaha V6 350 cv, rigging escluso ma Iva inclusa, parte da 39.419 euro. Se è comprensivo di rigging, con elica standard, il valore di partenza sale a 44.169 euro.

Upgrade del sistema Helm Master EX

In occasione della kermesse tedesca, Yamaha ha annunciato anche il rinnovo dell'Helm Master EX, che è il sistema di controllo per facilitare le operazioni di manovra dell’imbarcazione.

Per il 2024, è stato infatti integrato il sistema di gestione dell'elica di prua a velocità variabile con joystick, con l'aggiunta di applicazioni per mono motorizzazioni o motorizzazioni multiple. Questa nuova generazione di propulsori di prua integrati verranno forniti sia da Vetus che da Sleipner.

Ancora novità: ecco la nuova scatola telecomando di Yamaha

Un’altra novità riguarda la scatola telecomando meccanica 704 di Yamaha, che ora è disponibile con una funzione di bloccaggio della folle, che consente al fuoribordo di mantenere la marcia neutra mentre il motore è in funzione.

Grazie alla nuova leva di comando è possibile controllare l'acceleratore con una sola mano e regolare il trim tramite un pulsante integrato nella leva della manetta, azionabile con un solo movimento del pollice.


Leggi anche: I nuovi Yamaha 200 cv si fanno in tre, anzi in quattro


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Al Salone di Genova 2023, Suzuki ha tolto i veli a un nuovo fuoribordo di 250 dall'indole ancora più spinta rispetto al motore di pari potenza già presente in gamma: stiamo parlando del Suzuki DF250 Kuro, novità 2024, che attira le attenzioni anche per il suo look totalmente nuovo, ma pure per la particolare sigla in giapponese, il cui significato riassume le caratteristiche principali di questo blocco.

Per assaporarne tutto il potenziale, la casa di Hamamatsu ci ha invitato sul lago di Como a bordo di tre imbarcazioni dal dna decisamente corsaiolo: un motoscafo, il Sea Star RS di Tullio Abbate, e due gommoni, il Focchi 730 e il Naumatec Freccia 800.

Focchi 730 motorizzato con il Suzuki DF250 Kuro.

Suzuki DF250 Kuro: tutto quello che c’è da sapere

Partiamo proprio dal significato dell’ideogramma 黒 – Kuro associato a 玄, che significano rispettivamente nero ed esperto. Ecco perché il brand giapponese ha deciso di lanciare questa novità nell’esclusiva tinta Matte Black, caratterizzata da un’ampia superficie in nero opaco e dettagli in lucido.

Non si tratta però solo di un gioco di stile: il nuovo Suzuki DF250 Kuro nasconde mirati aggiornamenti per esaltare la sportività e le qualità tecniche che caratterizzano i fuoribordo più performanti del marchio.

Suzuki DF250 Kuro.

La calandra che avvolge il noto V6 da 4.028 cc è stata evoluta per contenere un nuovo sistema di immissione e filtraggio dell’aria teso a ridurre la quantità di particelle d’acqua aspirate dal blocco e migliorare così l’efficienza della combustione stessa, ma anche la durata dell’unità termica.

Passando invece alla parte immersa, debutta un piede dotato di un nuovo profilo per ridurre la resistenza dell’acqua, ma è nuova anche la pinna dal profilo asimmetrico, appositamente studiato per contenere possibili cavitazioni dell’elica che ne inficerebbero l’efficienza.

Non cambia invece il blocco a sei cilindri dotato di fasatura variabile, che sfrutta le più recenti tecnologie di Suzuki, come l’asse di trasmissione disassato rispetto all'albero motore o il Suzuki Lean Burn, sistema di combustione magra per contenere consumi ed emissioni a manetta costante.

Tullio Abbate Sea Star RS motorizzato con il Suzuki DF250 Kuro.

Saranno bastati questi aggiornamenti per esaltare tutto il potenziale del già noto DF250? Scopriamolo insieme qui sotto!

Il test del Suzuki DF250 Kuro

Prima di lanciarci nelle sensazioni di guida, apriamo una veloce parentesi sull’estetica del fuoribordo che, personalmente ritengo azzeccata per valorizzare le linee generali dell’imbarcazione.

Aggressivo fuori ma aggressivo anche dentro: rispetto alla versione base, il Kuro tira fuori i muscoli fin dai bassi regimi, range in cui si può apprezzare una notevole spinta che invoglia ad affondare la manetta e a ricercare la planata.

Tullio Abbate Sea Star RS.

In pochi secondi ci si trova con lo scafo in assetto che accarezza l’acqua, tanto che sfiorare la soglia dei 50 nodi sembra quasi un gioco da ragazzi con tutte e tre le imbarcazioni in prova.

Il suono del Suzuki DF250 Kuro è cupo e grintoso quando si gioca con il gas ma, nel pieno rispetto della filosofia Suzuki, riesce anche ad essere pacato. Infatti, a velocità di crociera è silenzioso e si conferma un ottimo alleato anche sul fronte dei consumi.

Infatti, facendo un rapido confronto incrociato con il fratello DF250AP provato con l’Invictus 240CX, il nuovo Suzuki Kuro riesce a garantire gli stessi consumi a velocità superiori (sempre però considerando che parliamo di motoscafi diversi).


Leggi la prova completa cliccando qui


In ogni caso, in fondo all’articolo trovate le tre tabelle con i consumi rilevati sulle tre imbarcazioni durante la giornata di test.

Note negative? In realtà solo una, più che altro pratica: per ora, infatti, il nuovo DF250 Kuro è disponibile solo in configurazione a singola motorizzazione.

La prova sul motoscafo Tullio Abbate Sea Star RS

Tullio Abbate Sea Star RS motorizzato con il Suzuki DF250 Kuro.

Ho sempre avuto un debole per i motoscafi del cantiere lariano di Mezzegra. Un po’ per il forte legame con le corse, un po’ perché ho avuto la fortuna di passare lunghi periodi della mia infanzia a pochi passi da dove venivano assemblati questi super motoscafi da velocità.

Il Sea Star RS non è certo paragonabile ai modelli più performanti in gamma, ma con i suoi 6 metri e mezzo di lunghezza, questo motoscafo trasuda tutta la storia del cantiere, forse anche un po’ per le linee tradizionali del brand che si rifanno alla mitica gamma off-shore.

Il timone è reattivo e trasmette la giusta confidenza per destreggiarsi in rapide virate e per aggredire le onde lasciate dalle altre barche.

In velocità lo scafo appoggia quasi solo sulla chiglia e la sensazione è proprio di volare: peccato solo in questo frangente si senta un po’ di rapido rollio che obbliga a controllare saldamente l’imbarcazione con il timone.

Il Suzuki DF250 Kuro è l’ideale su barche di questo segmento, infatti tra i dettagli più interessanti c’è la possibilità di montare l’acceleratore a pedale (che abbiamo provato): un accessorio indispensabile per gli amanti della velocità e dell’adrenalina.

Purtroppo sul motoscafo in oggetto non è regolabile in profondità, scelta che ne rende più difficoltoso l’utilizzo per chi è alto di statura.

La prova sul gommone Focchi 730

Focchi 730 motorizzato con il Suzuki DF250 Kuro.

Se cercate un gommone di sostanza ma soprattutto veloce, Focchi saprà come soddisfarvi. Disponibile in diverse versioni che variano l’allestimento di coperta, il 730 è tra i modelli top di gamma del cantiere, motivo per cui si riescono ad apprezzare al meglio le qualità dinamiche che sono alla base della filosofia del brand di Ravenna.

Non fatevi però ingannare dai tubolari perché il 730 è una vera bomba: agile a rispondere ai comandi del pilota è anche stabilissimo in velocità, tanto che con il supporto del Suzuki DF250 Kuro abbiamo quasi tranquillamente raggiunto i 56 nodi di velocità massima, affrontando onde con disinvoltura e tanta sicurezza.

Un grande risultato per chi ama l’adrenalina su acqua, anche se bisogna fare i conti con un layout di coperta molto semplice che potrebbe richiedere dei sacrifici durante una giornata in mare a pieno carico.

La prova sul gommone Naumatec 800 Freccia

Naumatec 800 Freccia motorizzato con il Suzuki DF250 Kuro.

Una Porsche non avrà certo il comfort e la praticità di una Panda, ma per una supercar tedesca si può anche chiudere un’occhio. Lo stesso vale per il Naumatec Freccia 800, un gommone nato dall’esperienza del cantiere nel mondo racing.

Infatti, nonostante ci siano delle sedute con rivestimenti morbidi per goderselo anche a basse andature, questo tubolare è stato sviluppato per aggredire l’acqua a tutta manetta e basta guardarlo per capire di cosa sto parlando.

Le due sedute principali avvolgenti sono riparate da un piccolo plexiglass, di grande aiuto in velocità, e sotto al timone si nasconde il pedale (che è regolabile in profondità) per esaltare all’ennesima potenza l’esperienza di navigazione.

Merito anche della carena che si ancora all’acqua senza timore e permette di affrontare virate strette con grande disinvoltura e di mantenere i 50 nodi con la stessa scioltezza di come fossero 25.

I numeri del Suzuki DF250 Kuro


Scheda Tecnica

Tipo4 tempi DOHC V6
Cilindrata4.028 cc
Versione GamboX: 635 mm
Alesaggio per Corsa98 x 89
Potenza Fiscale32 cv
Regime di utilizzo ottimale5.700 - 6.300 giri/min
Sistema di alimentazioneElettronica multipoint sequenziale
Alternatore12V - 54A
AvviamentoElettrico
CarburanteBenzina
Capacità coppa olio8,0 litri
CambioA - F - R
ElicaDi serie in acciaio
Elica standardA scelta al momento dell'acquisto
Possibilità passo elica15" - 27,5"
Rapporto al piede2,08:1
Dispositivo di assettoPower Trim & Tilt
Peso289 kg

I dati della prova sul Tullio Abbate Sea Star RS

Giri min.Velocità (Nodi)Consumi (litri/ora)
6503,12
1.00044,2
1.50067,2
2.000712,2
3.0002420
3.5002727
4.0003635
4.5004246
5.0004872
5.5005289

Condizioni della prova: lago calmo - 4 persone a bordo - Serbatoio al 40% (circa 80 litri) - Zero acqua

Tullio Abbate Sea Star RS motorizzato con il Suzuki DF250 Kuro.

Dati della barca

Lunghezza f.t.6,53 m
Larghezza2,25 m
Dislocamento1250 kg
Immersione max0,40 m
Serbatoio carburante 190 l
Portata persone6
Omologazione CeCat. C

I dati della prova sul Focchi 730

Giri min.Velocità (Nodi)Consumi (litri/ora)
6502,42
1.0004,34,3
1.5005,37,8
2.0006,511,2
2.50013,116,5
3.00021,719,3
3.5002724,8
4.00032,333,2
4.50037,443
5.0004357
5.7004891
6.2005698

Condizioni della prova: Lago calmo - 3 persone a bordo - Carburante: 60% carburante (140 litri)

Focchi 730 motorizzato con il Suzuki DF250 Kuro.

Dati del gommone

Lunghezza f.t.7,30 m
Larghezza2,75 m
Diametro tubolari0,30/0,60 m
Compartimenti6
Dislocamento750 kg
Portata persone14
Omologazione CeCat. C

I dati della prova sul gommone Naumatec Freccia 800

Giri min.Velocità (Nodi)Consumi (litri/ora)
75031,9
1.00044,1
1.5005,86,5
2.000810,5
2.50012,716,5
3.0001821,5
3.50023,525,5
4.0002831,2
4.5003342,9
5.00038,274
5.5004274
5.90044,595
6.2504898

Condizioni della prova: Lago calmo- 3 persone a bordo - Carburante: 190 litri

Naumatec 800 Freccia motorizzato con il Suzuki DF250 Kuro.

Dati del gommone

Lunghezza f.t.8,10 m
Larghezza2,70 m
Dislocamento1.900 kg
Portata persone12

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L’era dell’elettrificazione va sempre più avanti nella nautica da diporto. Alcuni cantieri hanno già presentato modelli a zero emissioni, principalmente motoscafi sotto i 10 metri, e gran parte dei costruttori di motori hanno annunciato o, addirittura, già presentato i primi powertrain ibridi o 100% elettrici, vedi per esempio la nuova gamma di fuoribordo Mercury Avator (clicca qui per scoprirli nel nostro articolo). E ora arriva anche la piattaforma Bosch EDSP.

Nel futuro dei motori elettrificati arriva infatti anche il colosso tedesco nel settore della mobilità, che ha deciso di dare una svolta a questo processo con una nuova piattaforma per i sistemi di propulsione elettrici (EDSP) da integrare rapidamente e con facilità nelle imbarcazioni.


Leggi anche: Frauscher x Porsche 850 Fantom Air, il motoscafo di otto metri col motore elettrico della Macan


Bosch EDSP, una soluzione per tutte le esigenze di elettrificazione

Il know how dell’azienda tedesca nello sviluppo di nuove tecnologie nel settore automotive è stato fondamentale per dare vita a questa nuova piattaforma per yacht e barche da diporto, con componenti e soluzioni resi disponibili alle case costruttrici del settore.

Come dichiarato da Philip Kurek, responsabile delle soluzioni Off-Highway e per la nautica di Bosch Engineering: “Vogliamo offrire ai produttori di imbarcazioni la soluzione ottimale per le loro esigenze, sia che richiedano una soluzione individuale sia una piattaforma. Oltre all'impiego come primo equipaggiamento, le nostre soluzioni possono essere usate anche per adeguare le flotte esistenti”.

Render barca con piattaforma Bosch EDSP.

Processo semplificato e costi di sviluppo ridotti al minimo

Come si può immaginare, gran parte del processo di progettazione di una barca elettrica è a carico del cantiere stesso, con costi e tempi di sviluppo molto alti, considerando poi anche il basso numero di imbarcazioni prodotte (ovviamente paragonando il numero assoluto di unità vendute rispetto a quello di un’auto elettrica).

La nuova piattaforma Bosch EDSP, invece, semplifica l'integrazione e offre alle case costruttrici del settore nautico una soluzione completa di elettrificazione. Infatti, l'EDSP riduce significativamente i tempi di sviluppo per il suo utilizzo in serie e garantisce ai cantieri un pacchetto predefinito, conveniente e facile da installare su yacht e imbarcazioni da diporto.

Bosch EDSP: pacchetto completo o singoli componenti

A seconda delle esigenze dei cantieri, Bosch sarà in grado di fornire l’intera piattaforma o anche solo componenti singoli da integrare nei sistemi anche in modo autonomo.

La piattaforma Bosh EDSP si compone infatti di tre elementi, ovvero: il motore elettrico dotato di trasmissione, l'inverter con convertitore a 12V, e la centralina elettronica che comunica col plotter e con le manette elettroniche, permettendo così di adattare il sistema alle diverse applicazioni a bordo.

Non tutte le manette elettroniche sono adattabili al sistema, ma Bosch fornisce un elenco di tutte quelle compatibili, così come pure per la batteria, che deve essere ad alta tensione, cioè a 400 V.

Gli utilizzatori riceveranno anche una descrizione con tutte le informazioni per integrare la tecnologia nella propria imbarcazione, il manuale del sistema, le specifiche dei componenti, il software della centralina elettronica e un pacchetto startup.

Tra gli aspetti più interessanti, il sistema può anche essere montato in retrofit su applicazioni esistenti e, considerando che i powertrain elettrici hanno dimensioni molto più compatte rispetto a un blocco a benzina o a gasolio, l’installazione è possibile anche in vani motore ristretti.

Per quanto riguarda i range di potenza, i motori elettrici sincroni a magneti permanenti da 400V saranno disponibili in due versioni, rispettivamente 123 e 190 cv.


Scopri tutto il mondo di Bosch Engineering sul sito ufficiale dell'azienda (sito in inglese o tedesco)


Per capire cos'è Fathom e-Power la si potrebbe riassumere in un brevissimo concetto: è un sistema che trae l'approvvigionamento di energia elettrica a bordo dal motore fuoribordo e non da un classico generatore.

Un risultato molto interessante che si traduce anche in una miglior ottimizzazione dello spazio, minor rumorosità e maggior autonomia delle batterie.


Il Fathom e-Power spiegato anche nel nostro video


Come funziona Fathom e-Power

Per comprendere al meglio il principio di funzionamento di questa tecnologia è bene partire dalle basi, cioè da come funziona un generatore: semplificando è un sistema da installare a bordo composto da un motore a scoppio, che fa muovere un alternatore per produrre l'energia elettrica necessaria a far funzionare gli strumenti e le utenze a bordo.

Invece Fathom e-Power sfrutta il motore stesso dell'imbarcazione come fonte di energia, ispirandosi alle auto ibride, dove il motore a benzina lavora in sinergia con un motore elettrico che funge da booster e alternatore.

Sistema Fathom e-Power.

E nel nuovo sistema di Navico ciò è reso possibile grazie al supporto di Mercury Marine, che ha evoluto i suoi fuoribordo top di gamma V10 e V12 da 350 a 600 cv, dotandoli di un alternatore più potente a 48V (clicca qui per scoprire di più nel nostro articolo sui Mercury V10 e qui per scoprire i V12).

Inoltre, le batterie sono realizzate da Matervolt che, come Navico e Mercury Marine più altre aziende coinvolte nello sviluppo degli altri componenti, è un'azienda di proprietà del gruppo Brunswick.

Batterie Mastervolt.

Il fatto di avere realizzato tutto in casa un sistema così articolato, senza interventi da altre aziende esterne, porta ai massimi livelli l'affidabilità del Fathom e-Power e dà agli utenti anche la possibilità di avere un solo referente in caso di necessità di assistenza.

Ricarica super rapida e grandi vantaggi

Vediamo allora più nel dettaglio il Fathom e-Power: questa tecnologia è composta da più elementi, come il pacco batterie al litio, il convertitore di tensione e i vari dispositivi di gestione.

In navigazione e anche alla fonda, i Mercury sono in grado di ricaricare le batterie con potenza di ricarica decisamente importante: parliamo di 4,3 kW per motore (valore che, tra l’altro, sale a 5,4 kW in modalità Boost).

Questa grande quantità di energia prodotta e immagazzinata è quella che poi serve ad alimentare tutti i dispositivi di bordo, dal frigo agli stabilizzatori.

Componenti del Fathom e-Power System.

Fathom e-Power vs generatore

Il sistema ha notevoli potenzialità. Prima di tutto l’ottimizzazione dello spazio a bordo, in quanto Fathom e-Power è praticamente un cablaggio che gestisce e conduce l'energia al pacco batterie che comunque è modulabile, mentre il generatore è un blocco unico di dimensioni specifiche.

Poi c’è un motore in meno che gira (quello del generatore), perché sono i fuoribordo stessi a produrre quell’energia che di norma produce il generatore.

Questo fa in modo di arrivare in rada con le batterie sempre cariche, quindi di eliminare anche la rumorosità del generatore, a meno che durante la sosta non si esaurisca tutta l'elettricità accumulata.

Display Fathom e-Power System.

E se siamo alla fonda e abbiamo finito tutta l’energia?

No problem: alla stessa stregua di un generatore, l’azione di ricarica da parte dei fuoribordo può avvenire anche a barca ferma. Basta attivare la modalità di ricarica e i motori si mettono ad un regime costante ed efficiente per produrre energia.

Per ora l’attivazione all’ancora è solo manuale per questioni di sicurezza, ma è prevista anche la possibilità di automatizzarlo.

Naturalmente dove c’è elettronica, c’è anche digitalizzazione: questo significa che, oltre ai classici display a bordo dedicati al sistema, si può anche monitorare le svariate funzionalità di Fathom e-Power anche tramite App su smartphone.

App per smartphone Fathom e-Power System.

Su che tipo di imbarcazione si può montare Fathom e-Power? E si può usare su barche già naviganti?

Abbiamo parlato di motori fuoribordo, quindi ci si potrebbe aspettare che questa tecnologia sia dedicata solo a barche di piccole medie-dimensioni, 10 metri circa.

In realtà visto che parliamo di V10 e di V12, questo sistema si adatta anche a imbarcazioni di dimensioni importanti, che possono essere equipaggiate con più fuoribordo.

Se pensiamo a questa tecnologia, la cosa impressionante è che alla fine si tratta di un insieme di elementi facilmente installabili a bordo, sia da parte del produttore sia in retrofit sulla vostra barca già navigante.

Pacco batterie Mastervolt.

Il costo finale è modulabile come il sistema Fathom e-Power

Anticipare un prezzo e un vantaggio in termini di peso è impossibile: infatti, il pacchetto è personalizzabile a seconda delle esigenze dell’armatore e delle dimensioni dell’imbarcazione, quindi il prezzo e il peso possono variare notevolmente in base a quante utenze ci sono e alla composizione del pacco batterie.

E i consumi?

Possiamo invece fare un ragionamento sul capitolo consumi: viene da pensare che la ricarica comporti uno sforzo maggiore dei motori e quindi un maggior dispendio di carburante.

In realtà, come ci hanno detto i tecnici di Navico, non ci sono variazioni significative, ma appena avremo l’occasione di provarlo in mare vi daremo testimonianza diretta di questa affermazione.


Scopri Fathom e-Power anche sul sito ufficiale in Navico (sito in inglese)


Il fascino di una barca a vela è ineguagliabile ma, se si fonde il suo piacevole stile di lenta navigazione in lunghe crociere con i vantaggi (pratici e dinamici) di una barca a motore, il risultato ha un nome: Omikron OT-60.

È una navetta dislocante di 18,41 metri costruita dal cantiere grego Omikron Yachts, che ha debuttato nel mondo della nautica a motore proprio con questa barca, volutamente ispirata al mondo della vela, tanto da essere stata progettata da due velisti: Lorenzo Argento, per gli interni e gli esterni, e Juan Kouyoumdjian per l’architettura navale.


Guarda la prova anche in video


Chi è Omikron Yachts

Prima di iniziare a parlarvi di questa novità della nautica è doveroso fare un piccolo passo indietro per capire cosa è Omikron Yachts.

È un nuovo cantiere greco nato nel 2019 sotto l’ala di Olympic Marine, colosso del sud-est europeo, che si occupa del restauro e del rimessaggio di grandi imbarcazioni.

Omikron OT-60.

L’Omikron OT-60 nasconde tanti segreti che lo rendono così speciale, motivo per cui per scoprirlo e per comprenderlo più a fondo ci siamo addentrati nelle strutture dove viene ingegnerizzato e assemblato.

Omikron OT-60.

Sviluppato e progettato a due passi dal Tempio di Poseidone

Per concretizzare il progetto Omikron OT-60, Olympic Marine ha ridato nuova vita ad aree del cantiere in disuso da anni e ha messo a frutto la sua esperienza nel settore, per far sì che il processo di progettazione e produzione possa avvenire tutto in loco, scelta che permette di aver un maggior controllo sulla qualità dei componenti, ma anche di ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’attività.

L’OT-60 prende forma nell’area compositi, dove lo scafo, la struttura interna di irrigidimento spider frame e la tuga in carbonio vengono creati da zero partendo da un accurato mix di fibre e resine.

La catena di montaggio supporta fino a tre/quattro imbarcazioni per ottimizzare le tempistiche e, di conseguenza, l’impegno delle maestranze al lavoro: lo scafo passa poi in cabina di verniciatura, mentre nella zona carpenteria vengono assemblate le strutture interne e i mobili.

Tra gli aspetti più interessanti, è proprio Omikron a mettere insieme i vari strati in legno e materiali fonoassorbenti, per trovare il perfetto bilanciamento tra funzionalità, leggerezza, cura del dettaglio e riduzione degli sprechi.

Infine, viene allestita la sala macchine (che nasconde tutta l’accessoristica legata al lato tecnico dell’imbarcazione) e il ponte sotto coperta, il cui impianto elettrico è sviluppato e assemblato in loco.

Come è fatto l'Omikron OT-60

L'OT-60 è un motoryacht dislocante lungo 18,41 metri e largo 6,06, che è ispirato al mondo delle barche a vela, e non soltanto in termini estetici.

Disegnato proprio da due velisti, Lorenzo Argento per interni ed esterni e Juan Kouyoumdjian per l’architettura navale, è stato progettato per affrontare crociere a lungo raggio con le qualità dinamiche di una barca a vela.

Lo scafo infatti ha forme pulitissime e accuratamente studiate per ridurre la resistenza dell’acqua e per aumentare efficienza e stabilità, sia in navigazione sia all’ancora.

Omikron OT-60.

Saliti a bordo, uno dei dettagli che salta subito all’occhio è la passerella di accesso al molo che, oltre ad avere un buon sostegno quando ci si transita sopra, in posizione di riposo si mimetizza con il piano di calpestio.

Omikron OT-60.

A poppa si viene accolti da un’ampia area con doppia dinette che sfrutta tutti i 6 metri di baglio, e si può anche avere una piccola griglia “vista mare” per spassarsela in compagnia.

Anche i passavanti sono molto larghi e facilmente percorribili: arrivati a prua, dove lo scafo acquisisce forme sempre più snelle come su una vela, si viene accolti da un prendisole molto ampio. Ma non è tutto: anche il tetto della tuga è dotato di cuscini per sdraiarsi a prendere il sole.

Omikron OT-60.

Salone e cucina in un open space, ma ben separati e super illuminato

A livello di gestione dello spazio, l’Omikron OT-60 mostra interni valorizzati da materiali naturali e colori neutri, che fanno sentire a casa. Ci sono anche tante soluzioni intelligenti come i cuscini ribaltabili, che nascondono dei porta bicchieri per dare una doppia identità alle varie zone dell’imbarcazione.

Ciò che più sorprende, però, sono i volumi interni del ponte di coperta: la cucina, completamente accessoriata (frigo, freezer, fornelli, forno e lavandini), è stata posizionata a prua, in un ampio open space su un livello ammezzato fra il ponte principale e quello inferiore.

Nell'area di prua sottocoperta, invece, c’è la cabina armatoriale con la doccia separata dai servizi, mentre al centro ci sono altre due cabine doppie, dove anche chi è sopra il metro è ottanta può stare comodamente in piedi.

Capita poche volte di andare sottocoperta e sentirsi come a casa, non tanto per lo spazio, che pure sull’Omikron OT-60 non manca, quanto per la luce naturale che illumina tutti gli ambienti, comprese le cabine degli ospiti.

Infatti, sia all'altezza dei passavanti sia sulla murata sono presenti delle vetrate che illuminano a giorno e ci sono anche tre oblò apribili, per fare girare aria.

Due piccoli propulsori da 250 cv sono sufficienti per navigare su un 18 metri dislocante

Sembra assurdo pensare che uno yacht di 60 piedi sia spinto solo da due compatti motori a gasolio fino a un massimo di 250 cv, ma come vi abbiamo anticipato,grazie a un accuratissimo studio dello scafo, il nuovo Omikron OT-60 è in grado di regalare piacevoli navigazioni a basse andature e con il minimo impatto ambientale.

Le due eliche in linea d’asse permettono di raggiungere una velocità massima di 16 nodi, ma il valore più sorprendente è l’autonomia che, a 8 nodi, raggiunge le 1000 miglia nautiche, a conferma che tante piccole accortezze possono fare la differenza per ottenere risultati rispettando l'ambiente.

Motori Yanmar entrobordo da 250 cv.

Il risultato è una navigazione e molto piacevole. La conferma l’ho riscontrata in prima persona: in marcia a circa 10 nodi, seduto a poppa esattamente sopra alla sala macchine, sembra di navigare in elettrico.

I motori a gasolio non vibrano e non si fanno sentire: l’unico rumore che si riesce a percepire è quello della scia d’acqua lasciata dallo scafo, così che ci si possa rilassare e godere l’ambiente in cui si è immersi.

Il bello della navigazione lenta: come si naviga sull'Omikron OT-60

Se è vero che il fascino di una barca a vela è ineguagliabile, è anche indiscutibile che serva pure una certa esperienza e un certo impegno per farsi spingere dal vento.

A bordo dell’OT-60, però, si scopre un nuovo gusto di navigare: piacevolmente spinti dai motori ma anche pienamente immersi nei suoni del mare. Lo scafo spacca le onde senza scomporsi e restituendo comfort e controllo del mezzo. Il tempo rallenta e ci si riesce a godere lo spettacolo naturale in cui si è immersi senza pensieri.

Omikron OT-60.

L’effetto è tutto nuovo, magico e sorprendente, merito anche della postazione di comando con vista a 360° in grado di valorizzare il legame con il grande blu. Confermo anche gli eccezionali consumi: fino ai 10 nodi sono molto contenuti, circa 24 litri/ora complessivi.

Salgono notevolmente a tutta manetta, ma non è questo l’obiettivo dell’Omikron OT-60 e in ogni caso sono comunque di tutto rispetto, perché alla velocità massima di 13,6 nodi abbiamo consumato 105 litri/ora complessivi.


Clicca e leggi nel nostro articolo tutte le differenze fra le varie tipologie di carena


Omikron OT-60.

Sostenibilità non significa solo elettrico

L’Omkiron OT-60 è senza dubbio uno yacht che sorprende: prima di tutto per la cura del design, l’attenzione per gli spazi con cui condividere momenti a contatto con il mare e per gli ambienti luminosi che fanno stare bene.

Voglio però aprire una parentesi sulla filosofia Omikron, che punta a offrire una nuova nautica sostenibile. Infatti, la propulsione elettrica non è ancora pronta per imbarcazioni così grandi e allora è giusto fare piccoli passi e sviluppare dei prodotti innovativi che vadano verso un concreto rispetto della natura.

L’Omikron OT-60 lo fa, ed è una barca con cui godersi il mare a basse andature, ma soprattutto con tanta attenzione ai consumi, e non solo quelli di carburante.

Omikron OT-60.

I numeri dell'Omikron 0T-60


Scheda Tecnica

Lunghezza f.t.18,41 m
Larghezza6,06 m
Immersione0,86 m
Dislocamento a vuoto20.000 kg
Serbatoio carburante1.200 l
Serbatoio acqua600 l
Portata persone12
Cabine3
Motori2x150 o 250 cv
Certificazione CeA

Omikron OT-60.

I dati della prova

Giri/MinutoVelocità (nodi)Consumi (litri/ora)
7503,21,4
1.0004,3-
1.5005,96,8
2.000813Crociera economica
2.5009,1524
2.60010,536Crociera veloce
3.00011,554Crociera veloce
3.50013105,2
3.60013,6105,4Velocità massima
Omikron OT-60.

Clicca ed entra nel sito ufficiale di Omikron Yachts (sito in inglese)


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